La versione completa di questo saggio è apparsa con il titolo «La tesi dell'impotenza dello spirito e il problema del dualismo nell'ultimo Scheler», in: «Verifiche», XXIV 1995, pp. 65-100 .
Il punto centrale dell'ultimo Scheler è la tesi dell'Ohnmacht,[1] prendere sul serio tale teoria significa mettere in discussione l'interpretazione consueta di Max Scheler: l'immagine complessa e contraddittoria che ci è stata consegnata dal famoso articolo di Cassirer[2]secondo cui in Scheler alla quiete posta dal Geist - il piano eterno e immutabile dei valori - viene contrapposta dualisticamente la tempesta del piano della vita. Tale linea interpretativa, impostasi come quella classica, dimostra di aver esaurito le proprie potenzialità e di non riuscire ad andare oltre un determinato confine se non al prezzo di negare espressamente alcuni aspetti essenziali del pensiero di Scheler stesso. Di questa situazione certamente il primo responsabile è Scheler, o meglio lo stato in cui è stato lasciato il suo lavoro alla morte improvvisa avvenuta nel 1928. La pubblicazione del Nachlaß, iniziata nel 1979 con l'importante Bd. 11 delle GW,[3] ha posto le premesse per la messa in discussione di quest'interpretazione classica. Lentamente si sta imponendo un nuovo spirito interpretativo che ha già prodotto alcuni risultati: la tesi della rottura viene sostituita da quella che individua varie fasi nel pensiero di Scheler; la tesi di uno Scheler che si limita ad applicare il metodo fenomenologico di Husserl sta lasciando il passo ad una migliore consapevolezza dell'autonomia di Scheler. Sempre più urgente diventa inoltre la necessità di approfondire su nuove basi l'influsso di Scheler su Heidegger e il pensiero contemporaneo.[4]
Tuttavia questo nuovo spirito interpretativo fatica ad affermarsi e l'inadeguatezza di molti presupposti dell'interpretazione classica rimane ancora nell'ombra.[5] Le difficoltà derivano, a mio avviso, dallo stato insoddisfacente delle analisi attorno alla tesi dell'Ohnmacht,[6] tesi questa che - portata fino alle estreme conseguenze - mette in crisi sia l'interpretazione dualistica sostanziale, sia il presupposto dell'identificazione fra Geist e persona. I vari interpreti che si sono occupati di essa si sono divisi grosso modo in due schiere: da un lato quelli che come ad es. Brenk[7] e Corbey hanno cercato di ridimensionarla, neutralizzarla, esorcizzarla o comunque indebolirla, dall'altro quelli che la hanno criticata. Fra i secondi i contributi più significativi sono quelli di Cassirer e Buber. Lenk contesta giustamente la possibilità d'interpretare l'ultimo Scheler mettendo da parte questa tesi o cercando di proporne una versione indebolita, tuttavia ritiene che il tentativo dell'ultimo Scheler fallisca proprio per questo: sulla falsariga di Lukács Lenk cerca infatti di dimostrare la falsità della tesi dell'Ohnmacht mettendone in evidenza l'implicito carattere reazionario e conclude affermando che essa sarebbe segno "d'una rassegnazione tardo-borghese" (Lenk, 27). Questa interpretazione di Lenk è in contrasto però col senso che Scheler stesso intendeva dare alla tesi dell'Ohnmacht.[8] Ma Lenk lascia perplessi anche quando cerca di fornire dei motivi più intrinseci come quello secondo cui la tesi dell'Ohnmacht sarebbe una conseguenza inevitabile delle "premesse ontologiche d'una dualità fra essenza ed esistenza" (Lenk, 64), fra Sosein eDasein (Lenk, 3): nell'ultimo periodo è proprio tale dualità ad essere messa in discussione.
Molti dei problemi interpretativi nascono dal fatto che ci si limita a considerare qualche singola opera di Scheler, metodo questo reso inutilizzabile dal ritmo del pensiero di Scheler e dallo stato in cui sono stati lasciati i suoi manoscritti. Cassirer era pienamente consapevole di questo rischio quando sottolineava di doversi limitare alla famosa conferenza Die Stellung des Menschen im Kosmos.[9] Proprio questo testo però non è di facile interpretazione e in esso s'intravvede il complesso intreccio di diverse posizioni che Scheler stesso non era ancora riuscito a dominare e che a volte trovano espressione in una terminologia contraddittoria e imprecisa.
1. Noûs poietikós e a-méchanos
Ancora nella seconda edizione di Vom Ewigen im Menschen (1922) Scheler esprimeva la tesi che "Il Geist è infinitamente più potente (mächtiger) di tutta la natura insieme" (GW 5,186). Successivamente si può individuare in scritti come Wesen und Formen der Sympathie una "fase transitoria" in cui il Geist ha una propria originaria energia distinta dal Macht del Trieb: il Geist sarebbe "a-méchanos" e tuttavia un ente reale ancora soggetto della poiesis.[10] Tale prospettiva viene abbandonata nell'ultimo periodo, dove Ohnmacht viene inteso non solo come a-meccanico, ma anche come incapace di creare. E' noto che proprio in quel periodo Scheler individua due concezioni del Geist che si sono imposte nel corso della storia della filosofia: la teoria positiva o poietica del Geist è la teoria classica, enunciata dai greci, che attribuisce alGeist non solo una propria essenza e autonomia, ma anche "forza e attività (noûs poietikós)" (GW 9,45) ad essa si contrappone la teoria negativa secondo cui il Geist sorge esclusivamente attraverso il "no" alla vita. Scheler le rifiuta ambedue: la prima, astratta e intellettualistica, appiattisce il Geist sul concetto di Vernunft o noûs, senza riconoscergli gli atti relativi all'Anschauung nonché quelli relativi alla sfera della volontà e delle emozioni (GW 9,32). Ma soprattutto Scheler obietta a tale teoria che il Geist "non ha in nessun caso un'originaria energia propria" (GW 9,46). L'ultimo Scheler pensa che la funzione poietica competa solo all'Ens a se: alla Sostanza nell'atto di compenetrazione dei vari attributi, non ad un singolo attributo considerato in se stesso come il Geist. L'Ens a se non è più puro spirito: come in Schelling compare il tema della natura in Dio.
La tesi dell'Ohnmacht è la conseguenza non solo d'un confronto più meditato con l'ultimo Schelling, ma anche con Marx, Schopenhauer e Freud, gli ultimi due visti anche attraverso le interpretazioni di Paul Alsberg e quelle del giovane socialista Alfred Seidel, suicidatosi nel 1924 subito dopo aver terminato il suo importante manoscritto Bewußtsein als Verhängnis(pubblicato postumo a Bonn nel 1927). Anche a proposito del confronto con Freud si può individuare nel "periodo transitorio" la riaffermazione dell'idea che gli atti spirituali possiedono una "seelische Energie" assolutamente indipendente dall'energia del Trieb (GW 7,207). Successivamente Scheler fa invece propria l'idea di Freud, che risulta quindi l'ispiratore principale della tesi dell'Ohnmacht. Dalla teoria freudiana della sublimazione Scheler recepisce l'idea di un Geist in sé originariamente impotente che acquisita energia solo attraverso un processo d'inibizione delle tendenze naturali e di sublimazione. La posizione di Freud è tuttavia accettata solo nella misura in cui deriva le forze del Geist dal Trieb, non quando afferma che il Geist stesso è prodotto o risultato di questa sublimazione (cfr. GW 12,65). Il difetto fondamentale della teoria freudiana consiste nel lasciare aperto l'interrogativo centrale, quello attorno al soggetto ultimo della sublimazione (GW 9,48), nel non riconoscere che la sublimazione presuppone l'esistenza d'un piano autonomo e distinto da quello del centro vitale. La riconduzione del Geist alla vita è un presupposto comune a Freud e a tutte le teorie negative, anzi tutto un filone di pensiero, da Klages al primo Gehlen,[11] considerava il Geistprodotto d'un processo di decadenza, surrogato d'un'essenza inetta, costretta per sopravvivere a creare l'Umwelt artificiale della cultura e delle istituzioni. In tale prospettiva i valori personali, l'atto dell'amare puro e le più alte espressioni culturali e artistiche sono ridotte ad espressione di valori parassitari: stratagemmi d'un ente perverso e fisicamente debole per riuscire a sopravvivere. Per Scheler invece il processo di sublimazione non può essere spiegato unicamente con la tesi della sopravvivenza e risulta orientato non da valori vitali malati, ma da un nuovo piano di valori autonomo.
2. La quiete e la tempesta
Se con dualismo s'intende l'antitesi fra Geist e vita allora si deve osservare che questa non riguarda solo l'ultimo periodo, ma era già ben presente nel Formalismus dove si esprime ad es. nella contrapposizione fra valori vitali e spirituali, e in quella fra persona e Leib, o inWesen und Formen der Sympathie dove sono individuati due poli contrapposti: il primo tendente all'individuazione e all'amore a-cosmico della persona spirituale, il secondo tendente all'Einsfühlung cosmico-vitale (GW 7,137). E' proprio nel periodo intermedio che il rapportoGeist/vita viene inteso come opposizione reale; certo l'interesse di Scheler è tutto concentrato sul Geist e la persona, ma già qui compaiono analisi sul concetto di Leib, Umwelt, Trieb non facilmente incorporabili in un monismo a misura del Geist, e che invece aprono le porte alla tesi d'un dualismo ontico fra Dasein e Sosein. L'ultima fase lungi dall'esser caratterizzata da un'accentuazione di tale dualismo ontico, sfocia nel suo superamento in concomitanza con l'affermarsi della tesi dell'Ohnmacht (cfr. §10). Purtroppo questo passaggio non risulta lineare e Scheler non ci ha consegnato una risposta univoca, ma una serie di scritti in cui si prospettano diverse soluzioni e in cui si danno battaglia diverse terminologie; tuttavia è rintracciabile una precisa linea di tendenza che porta dalla originaria antitesi fra Geist e vita alla tesi della compenetrazione fra Geist e Drang.
Il più illustre rappresentante dell'interpretazione dualista è senza dubbio Cassirer.[12] Questi scrisse nel 1930 un articolo che ebbe un grande impatto sulle interpretazioni successive. La tesi dualista emergente finisce però col mettere in ombra e soffocare quello che a mio avviso è il punto più importante dell'analisi di Cassirer: le obiezioni alla tesi dell'Ohnmacht. L'interpretazione dualista di Cassirer non considera un Geist veramente ohnmächtig, e dà l'impressione di scambiare il Geist dell'ultimo periodo con quello del periodo intermedio, ancora soggetto della poiesis. Vi è inoltre da osservare che Cassirer, pur affermando di voler distinguere la posizione di Scheler da quella di Klages, finisce di fatto col confonderle in quanto interpreta il concetto di Geist primariamente come intelletto e come capacità di oggettivazione.
Cassirer prende le mosse dal fatto che in Scheler il Geist non deriva dalla vita: da questo viene dedotto che il Geist è "un principio estraneo e ostile alla vita" (Cassirer, 127), interpretazione questa senza riscontro nel testo di Scheler dove per converso s'afferma: "Non il Geist, ma solo l'intelletto iper-sublimato, che Klages confonde col Geist, è in una certa misura il nemico della vita" (9,150, ma cfr. anche 9,67). Lo Scheler che ne viene fuori è oggetto di facile critica: "Scheler parla nei suoi ultimi lavori [...] ancora il linguaggio d'una determinata metafisica realistica. Egli contrappone spirito e vita l'uno all'altro come potenze originarie dell'essere - come forze reali, che, in una certa misura lottano l'una contro l'altra per il dominio su tutta la realtà: in questo modo però, un'opposizione puramente funzionale viene reinterpretata trasformandola in un'opposizione sostanziale" (Cassirer, 126-127). Concependo il Geist come una sostanza contrapposta alla vita Scheler cadrebbe in un dualismo sostanziale, là dove invece per Cassirer non c'è che un dualismo metodologico "fra due energie di diverso ordine e, in certa misura, di diversa dimensione" (Cassirer, 124). A questo punto secondo Cassirer non rimane che intendere questa opposizione di Scheler nel senso del dualismo cartesiano di anima e corpo (Cassirer, 115)[13] e connetterla a certe posizioni assolutiste che erano emerse nel periodo intermedio. Il risultato sarebbe la riproposizione d'un dualismo metafisico statico in cui il Geist pone la quiete, un principio quietistico e privo d'azione, contro il divenire incessante della vita, la tempesta in cui si svolge il piano storico (Cassirer, 124).
Che questi passaggi non siano sempre giustificati e siano anzi una forzatura era chiaro allo stesso Cassirer, che di fronte alle innumerevoli aporie del pensiero di Scheler si vede costretto a compiere un salto nel buio alla ricerca del senso complessivo del discorso (cfr. Cassirer, 112). Malgrado questo suo sforzo anche l'interpretazione di Cassirer appare però contraddittoria: la tesi che il "Geist è privo di forza" viene intesa da Cassirer nel senso che "il Geist pone la quiete" (Cassirer, 118) in Scheler invece esser privo di forza, cioè ohnmächtigsignifica esser incapace di porre qualsiasi cosa, anche la quiete. Nell'articolo di Cassirer coesistono due tesi contraddittorie per cui questo Geist è "senza forza" e pone la quiete (metafisica statica) e tuttavia è "una forza reale" (alla base del dualismo ontologico); oppure questo Geist im-potente è una "potenza reale dell'essere" (Cassirer, 123) che lotta contro la vita (Cassirer, 126). Come fa un Geist im-potente a lottare contro la vita per "il dominio su tutta la realtà" (Cassirer, 127) se nella definizione originaria di Scheler il Geist "non potrebbe mai agire al di fuori di sé in qualsivoglia forma"? (Cassirer, 116) E come fa un Geist che non può agire e che quindi non può ne porre le idee e i valori, ne tanto meno crearli, essere quello che pone un regno di valori eterno e immutabile (la quiete)? Non aveva proprio l'ultimo Scheler criticato il noûs poieticós?
Ma questi interrogativi rimandano già al tema dell'Ohnmacht. Per quanto riguarda il dualismo più che a Descartes è necessario rifarsi a Spinoza. Nell'ultimo periodo Scheler interpreta ilGeist come attributo in senso spinoziano: la Sostanza consta d'infiniti attributi, noi ne conosciamo però solo due: il Geist e il Drang. Come in Spinoza anche in Scheler questo non significa ricadere nel dualismo: gli attributi sono espressioni diverse d'un'unica Sostanza, non sfere autonome dell'essere o della realtà, questa anzi appartiene ai modi: singole manifestazioni concrete della Sostanza, scaturenti da essa come enti finiti, ma per tramite degli attributi.[14] Quello che si vuole sottolineare è che nell'ultimo Scheler non solo non ha senso parlare di dualismo sostanziale, ma che la stessa opposizione Geist/vita risulta contraddittoria: come si fa a contrapporre fra loro un attributo (Geist) e un modo (centro vitale)?[15]
3. Il nodo gordiano e la tesi dell'Ohnmacht
Cassirer si chiede se il Geist acquisti la propria energia solo grazie all'ascesi, alla rimozione, alla sublimazione, la risposta di Scheler su questo punto è chiara: il Geist in sé risulta completamente impotente. Per Cassirer invece il Geist non potrebbe dirigere questo processo di sublimazione delle energie della vita "se non avesse da contrapporle una forza, che esso non deriva dalla vita, ma che richiama dal suo proprio profondo" (Cassirer, 119).
Cassirer riesce a far risaltare le difficoltà del pensiero di Scheler quando si chiede: com'è possibile concepire che le forze della vita si lascino deviare dal proprio cammino nella direzione indicata dal Geist, se il Geist è impotente e quindi non ha da contrapporre alcuna propria forza alla forza delle pulsioni della vita? E d'altra parte come potrebbe la vita anche solo vedere le idee che il Geist le pone innanzi, se viene definita come cieca nei confronti delGeist? (Cassirer, 112).
Si è già detto che alla fine Casssirer interpreta il dualismo di Scheler attraverso quello cartesiano (Cassirer, 115); tale analogia appare ora meno ingiustificata: non si tratta infatti del dualismo, ma dell'Ohnmacht. Ipotizzare un Geist ohnmächtig che devia dal loro corso le energie della vita significherebbe ricadere nello schema d'un errore di Descartes già confutato da Leibniz: alla tesi di Descartes secondo cui l'anima non può produrre o alterare energie di movimento, ma solo cambiare la direzione del movimento, Leibniz obiettava che già il semplice cambiamento di direzione d'un corpo in movimento esige un impiego d'energia.
Cassirer accenna a un'ipotesi interpretativa per poi escluderla: "Se nell'ambito dell'antropologia filosofica di Scheler si vuole trovare una risposta a questa questione, allora [...] ci si deve riafferrare all'unità del fondamento metafisico del mondo che lega e unisce in un unico intero ciò che per noi resta [...] qualcosa di eterogeneo. [...] Per quanto spirito e vita possano divergere rimane tuttavia pur sempre la possibilità che [...] essi siano connessi nel fondamento del mondo. Ma con una tale risposta il nodo gordiano sarebbe semplicemente non tanto sciolto quanto piuttosto fatto a pezzi." (Cassirer, 112). Cassirer si rende conto che la teoria dell'Ohnmacht rischia di tagliare il nodo gordiano, inescando una reazione a catena incontrollabile: un Geist impotente non può essere soggetto della sublimazione, non può neppure contrapporsi alla vita (con quali forze?). Tuttavia invece di portare fino alle estreme conseguenze la sua analisi preferisce far marcia indietro e mettere fra parentesi la tesi dell'Ohnmacht, nei cui confronti la sua analisi risultava perfettamente corretta: "se s'assume lo spirito esclusivamente nel senso della definizione originaria di Scheler allora esso non potrebbe mai agire al di fuori di sé in qualsivoglia forma" (Cassirer, 116). Il che vuol dire che un Geist ohnmächtig non è reale, non è un oggetto di questo mondo, ma neppure d'un mondo ideale.[16]
4. La tecnica del Geist nella natura
Cassirer alla fine opta per l'interpretazione di un Geist soggetto della sublimazione e contrapposto alla vita. Ma è vero che il Geist risulta estraneo alla natura? Prima di arrivare al problema centrale della relazione Ohnmacht/Geist occorre verificare questa tesi e i problemi ad essa connessi: quelli relativi al concetto d'oggettivazione, di natura e di sublimazione.
Una delle definizioni a cui più spesso si ricorre a proposito del Geist è quella che gli attribuisce la facoltà di oggettivare (GW 9,34);[17] è in base ad essa inoltre che si pone la distinzione natura/cultura, contrapponendo il Geist dell'uomo all'animale, che in quanto tale non ha oggetti e vive estaticamente nel suo Umwelt. Tuttavia se con oggettivazione s'intende "mediazione segnica", allora risulta chiaro che questa non corre sul confine fra cultura e natura, ma è già in quest'ultima. Se con oggettivazione s'intende il linguaggio, risulta invece che questo non copre tutte le modalità del Geist.
Cassirer stabilisce la linea di confine fra natura e cultura in riferimento all'immediatezza (Cassirer, 118;120): l'immediatezza che caratterizza la vita è quella dell'automatismo stimolo/risposta, mentre invece nell'uomo subentra una logica superiore che cresce nella scansione creata dal superamento di tale immediatezza: la cultura sorge sempre soltanto quando il flusso della vita non si limita a scorrere via, ma si arresta in alcuni punti determinati. Vi è da osservare che questa immediatezza, riferita al meccanismo istintivo, implica già una mediazione segnica: lo stimolo è segno dei bisogni della Triebstruktur. Tale mediazione segnica opera all'interno della natura ed è proprio essa ad essere messa fra parentesi dalla riduzione fenomenologica (intesa da Scheler come de-simbolizzazione).
L'interrogativo di fondo che non trova risposta nella tesi d'una contrapposizione fra oggettivazione e natura è se la tecnica e l'intelligenza pratica debbano essere attribuite esclusivamente al Geist umano o alla natura. Non solo la mediazione segnica, ma anche l'intelletto - con le sue forme universali, con l'astrazione e la capacità d'oggettivazione - non può essere contrapposto alla vita. Più volte Scheler afferma che non è la tecnica e l'intelligenza pratica a distinguere l'uomo dagli altri esseri viventi. Bisognerebbe quindi dedurre che la tecnica è priva della capacità d'oggettivazione nella misura in cui sconfina nella natura. E che dire della visione scientifica: appartiene al Geist umano della visione fenomenologica o all'homo faber?.
Negli ultimi scritti Scheler sostiene che la natura è il risultato della tecnica del Drang: in Scheler la tecnica corrisponde al metodo sviluppato dalla vita per arrivare a dominare l'ente. La tecnica non è il semplice risultato della volontà di potenza umana, ma possiede una fondazione ontica nella vita stesa. Si potrebbe allora dire che la tecnica non si fonda sulla capacità d'oggettivazione del Geist specificamente umano, ma per certi aspetti è l'apriori biologico e irrazionale dell'intelligenza pratica. L'intelligenza tecnica è guidata da un principio di economia già presente nella natura: "non è l'applicazione successiva d'una scienza teoretico-contemplativa" (8,93), ma è "il più fine e sviluppato degli strumenti della vita e della Alleben" (GW 11,245). Un'analisi più attenta sul concetto di Trieb mette in luce che questo è la "tecnica" sviluppata dal Drang relativamente al centro vitale.[19] L'Urdrang ha sviluppato diversi tipi di tecnica e uno di questi, quello della Drangphantasie che serve alla concrezione dei Bilder, è già presente a livello inorganico.
La tecnica del Trieb corrisponde a un meccanismo particolarmente complesso di produzione di complessità: "Gli organismi sono solo meccanismi e strumenti attraverso cui la Alleben in infiniti tentativi ed errori s'innalza e impara. Il dualismo fra inorganico e vitale, così come quello fra vita e spirito è quindi superabile nel corso del tempo" (GW 11,185). L'organismo produce complessità nella misura in cui funziona da strumento della sublimazione, nella misura in cui risulta funzionale al processo di concrezione e compenetrazione fra Geist eDrang. Riassumendo: l'intelligenza tecnica non è espressione d'un Geist contrapposto alDrang, ma d'un Drang che opera assieme al Geist nella natura.
Alla base dell'antitesi fra oggettivazione e natura vi è la confusione fra due concetti d'oggettivazione che in Scheler sono distinti: l'oggettivismo delle scienze e della tecnica, tendente a concetti univerali, e l'atto di ideazione proprio della persona, un livello superiore d'oggettivazione in cui ad es. dall'esperienza della sofferenza s'intuisce l'essenza del dolore: un'oggettivazione che non ha più a che fare con concetti universali, ma con essenze personali. Su questo Scheler aveva già criticato Klages che confonde oggettivazione e ideazione. L'oggettivazione scientifica in Scheler è inconciliabile col centro personale, rappresentante d'una verità individuale, da contrapporre alla verità della scienza, astratta e universale.
Se si tenta di fondare la contrapposizione Geist/natura sulla capacità o meno d'oggettivazione s'arriva a delle conseguenze inaccettabili come quella che tutti gli atti del Geist devono essere oggettivi, mentre tutti quelli che partono dalla Triebstruktur sono automaticamente soggettivi: ad es. un animale non potrebbe mai stabilire con oggettività se un altro animale è un pericolo o una preda. Le funzioni della natura invece non escludono una determinazione oggettiva, e già il comportamento animale si presenta in molti casi "logico" o "razionalmente diretto allo scopo". E' possibile una tecnica senza un pur minimo processo d'oggettivazione? o detto altrimenti è possibile che il Drang da solo sia in grado d'orientare queste tecniche o non bisogna invece supporre che il Geist sia già presente nella natura e nel mondo inorganico?.
Nelle interpretazioni dualiste usuali[20] s'arriva a una contrapposizione fittizia fra un regno del Geist, identificato con oggettività, intenzionalità ecc, e il regno della natura, teso solo a vivere, o meglio a sopravvivere, ma se la natura mira solo a vivere, nutrirsi e riprodursi allora in nome di quale principio ha avuto luogo un tale sviluppo di complessità, non sarebbe bastata un'ameba?.
Su questo punto l'analisi e gl'interrogativi di Herzfeld e successivamente di Bassenge[21] sono ancora oggi validi: ha senso concepire Drang e Geist come due sfere reali separate? (Bassenge, 394) o identificare natura e Drang? (Bassenge, 416). Si potrebbe sostenere al contrario che già nella natura è presente e opera il Geist. Questa prospettiva mi sembra pienamente plausibile, il problema è di stabilire fino a che punto era condivisa o meno dallo stesso Scheler. A questo proposito Bassenge nota che "le critiche a una soluzione monista non hanno in Scheler stesso un valido fondamento [...] ciò che Scheler voleva salvare col dualismo si rivela o già del tutto perduto oppure non ha bisogno di nessun salvataggio, perché può essere molto meglio spiegato attraverso una soluzione monistica. Drang e Geist vengono compresi non separandoli l'uno dall'altro, ma pensandoli assieme in una unità funzionale." (Bassenge, 417).
Queste riflessioni trovano una conferma analizzando il concetto di sublimazione: emerge chiaramente che la sublimazione, come l'oggettivazione, pur rinviando a caratteri esclusivi delGeist, opera già all'interno di quella sfera che Cassirer contrappone al Geist. La definizione che Scheler dà del concetto di sublimazione non lascia dubbi sul fatto che si tratti d'un processo presente non solo nel mondo organico, ma addirittura in quello inorganico: la sublimazione è infatti il processo mediante cui "le forze d'una sfera inferiore dell'essere [...] si pongono gradualmente al servizio d'una sfera dell'essere superiore [...] come ad es. le forze fra gli elettroni nei confronti della formazione della struttura dell'atomo" (GW 9,53, ma cfr. anche 11,220). Se il Geist fosse separato dalla natura allora anche il Lenken e Leiten che si verifica a partire dal centro vitale nei confronti dei centri di forza (cfr. GW 12,146) dovrebbe agire unicamente ad opera del Drang. Se Lenken e Leiten sono però essenzialmente legati al Geist come può esserci sublimazione fra inorganico e organico?.
Il Geist non può contrapporsi alla natura in quanto è già nella natura, infatti un concetto di natura privo dei caratteri attribuiti al Geist è solo un'ombra della natura stessa, una natura impoverita. Da questa premessa Herzfeld e Bassenge pensano che si possa trarre un'unica conseguenza: s'affaccia qui di nuovo l'antica tentazione di superare il dualismo assolutizzando uno dei poli. Così le funzioni del Geist "potrebbero essere come quelle del Trieb una nuova e più alta tecnica dell'Urdrang" (Bassenge, 397), negando di conseguenza un'antitesi o spaccatura fra centro vitale e spirituale (Bassenge, 405) poiché: "il Geist è una forma della vita" (Herzfeld, 57). Herzfeld e Bassenge notano che Scheler rifiuta questa conclusione e pensano per questo che neghi anche la premessa. Ma è vero che questa è l'unica conclusione deducibile? Non si può supporre che Scheler pur accettando la premessa deduca una conclusione capace d'evitare la riduzione del Geist alla vita? La prospettiva d'un Geist non contrapposto alla natura e tuttavia non riducibile alla natura può risultare un primo passo per dare una risposta alle domande di Cassirer e Buber.[22]
5. Limiti e aporie delle varie interpretazioni.
Lo stato della discussione sul tema dell'Ohnmacht si potrebbe caratterizzare con la frase: "tutti contro tutti". Quello che unisce queste varie interpretazioni è il presupposto che in Scheler ci sia un unico concetto di Geist, o per lo meno la convinzione che si stia discutendo di una stessa cosa. Cassirer arriva all'importante conclusione che nell'interpretazione originale di Scheler un Geist ohmächtig risulterebbe incapace di qualsiasi tipo d'azione e non potrebbe essere il soggetto di quei processi che gli sono attribuiti: sublimazione, Lenken, Leiten, ecc.. Considerando tale conclusione inaccettabile ritorna sui propri passi, rifiuta la tesi dell'Ohnmacht e cerca di determinare il Geist come soggetto della sublimazione contrapposto alla natura, avventurandosi in un'interpretazione dualistica che finisce col trasfigurare il pensiero di Scheler. Herzfeld e Bassenge sviluppano anch'essi la tesi del Geist come soggetto della sublimazione, ma affermano che Geist e natura non possono essere contrapposti perché i caratteri propri del Geist (oggettivazione, sublimazione ecc.) sono intrinseci alla natura stessa. Pensano che tale tesi fosse negata da Scheler e che da essa sia necessario concludere che il Geist sia solo un livello particolarmente complesso di organizzazione della natura. Partendo dal presupposto esattamente contrario W. Weiner cerca di dimostrare che Scheler sarebbe caduto in un "Energiemonismus" del Trieb (Weiner, 367) in quanto gli sarebbe sfuggita la differenza essenziale fra le forme energetiche del Trieb e del Geist (ibid. 369). Ipotesi questa in netto contrasto con le tesi sviluppate, in modo molto suggestivo, da Luther. Tuttavia vi è da precisare che tali tesi di Luther sono limitate alle posizioni di Wesen und Formen der Sympathie, posizioni che Scheler stesso successivamente metterà in discussione. Luther individua tre sfere dell'essere dotate ognuna d'una propria logica specifica (inorganica, vitale, spirituale): le prime due sono espressioni del Drang, l'ultima del Geist. La sfera delGeist è caratterizzata dalla Wirklichkeit (effettività o meglio attualità) in contrasto col Daseindelle prime due: "Spirit is not real (Dasein), but is actual (Wirklich)" (Luther 1974,14).[23]Tali sfere rappresentano nel loro complesso un'unità articolata dell'essere ed hanno un momento d'unificazione nell'uomo e nel concetto di persona in particolare. Il limite di tale ipotesi è quella di identificare una di tali sfere col Geist: se il Geist è già anche nella natura, se spazia dall'orbita d'un elettrone fino a Dio, come fa ad essere limitato a una sola sfera? In una direzione simile si muove anche Brenk preferendo sostituire il termine Ohnmacht con quello di "relativ Kraftlos" (Brenk, 66): Scheler infatti non sosterrebbe ne la tesi d'un assolutoOhmacht del Geist, ne quella d'un altrettanto assoluto Allmacht del Drang (Brenk, 71). Più recentemente Corbey, riprendendo implicitamente le tesi di Luther, ha sostenuto che in Scheler il Geist umano non è certo mächtig nel senso del Macht del Trieb, tuttavia sarebbe rintracciabile in esso un Macht spirituale di tipo peculiare.
E' possibile però che su questo punto dell'Ohnmacht Scheler si sia espresso in modo non chiaro? Scheler afferma che: "Il Geist come tale non ha in sé originariamente e fin dall'inizio tracce di Kraft o Wirksamkeit[24]" (GW 8,21) Non si può neppure cercare di circoscrivere il senso del termine "Ohnmacht": in questa sola pagina Scheler afferma che il Geist è senzaMacht, Kraft e Wirksamkeit.
Quello che emerge confrontando fra loro queste ed altre interpretazioni è che si sussumono sotto il concetto di Geist concetti diversi e fra di loro contraddittori. Ha senso allora riprendere in considerazione proprio quell'ipotesi ben individuata da Cassirer, ma per essere poi esclusa, che il Geist sia veramente ohnmächtig e come tale distinto dal soggetto della sublimazione. Bisogna partire dal dato di fatto che Scheler parla d'un Geist in sé assolutamente impotente; si deve inoltre prevedere accanto a questo Urgeist, un soggetto della sublimazione, che agisca e sia presente anche all'interno della natura. Ma che cosa è questo soggetto della sublimazione? Può essere ancora chiamato Geist?
6. Vicendevoli sconfinamenti: l'Ohnmacht fra persona e Geist.
Nelle interpretazioni su Scheler non solo non emerge la distinzione fra il Geist e le sue forme di concrezione[25], ma quello che meraviglia è che non viene fatta neppure una chiara distinzione fra Geist e persona, e questo nonostante il fatto che Scheler parli espressamente nel Nachlaß d'un Geist impersonale: "Il primo attributo, il Geist, è impersonale" (GW 11,208); ora che cosa significa questa espressione se non che il Geist può essere considerato separatamente dalla persona? Questa indistinzione fra Geist e persona costituisce quindi un ulteriore presupposto non fondato delle interpretazioni dell'ultimo Scheler.[26].
Vi è una radice comune fra tale distinzione e il tema dell'Ohnmacht, tanto che è necessario affrontare questi due aspetti assieme. La distinzione fra Geist e persona cambia la prospettiva con cui si risponde alla domanda centrale: da che cosa è originato l'Ohnmacht? Da cosa dipende? Il problema è quello di stabilire in primo luogo chi è originariamente ohnmächtig: la persona o il Geist?
Non basta affermare che il Geist è ohnmächtig perché non possiede in sé l'efficacia causale del centro di forza o del centro vitale, occorre porre il problema del rapporto fra Ohnmacht e il modo d'essere del centro personale. La sfera personale risulta dotata d'una logica e d'un modo d'essere autonomo (attualità), che è un modo d'essere inoggettivabile, distinto dalla realtà causale. Si può ipotizzare allora che l'Ohmacht del Geist derivi proprio da questo modo particolare d'essere della persona, che la potenza sia connessa necessariamente all'impersonalità, e che l'Ohnmacht sia costitutivamente la fisionomia dell'essenza personale.Ohnmacht - come tradisce la sua etimologia greca "a-méchanos" - esprime allora l'insufficienza, la precarietà, la fragilità dell'essere personale intrinseca nel suo essere atto di trascendenza, anzi solo in virtù di tale Ohnmacht sarebbe possibile la trascendenza: l'Ohnmacht da concetto negativo si trasformerebbe in positivo, diventerebbe l'incapacità di mantenere un ente all'interno dei propri confini, esprimerebbe l'irrequietezza dell'ente, la sua voglia di auto-trascendersi. Tuttavia non mi sembra questa la soluzione verso cui s'avvia l'ultimo Scheler, anche se indubbiamente Geist, persona e trascendenza sono concetti fra loro strettamente connessi.
L'obiezione decisiva alla tesi che sia la persona ad essere originariamente ohnmächig emerge considerando più da vicino lo status della persona nell'ultimo periodo: la persona non ha ilMacht del Trieb, ma tuttavia è un centro reale (GW 8, 359) contrapposto al centro vitale e capace di contrapporre ad esso un Macht dotato d'una propria logica e autonomia. Ciò che Luther e Corbey attribuiscono al Geist in realtà è proprio della persona. Se la persona è frutto della compenetrazione fra Geist e Drang si dimostrano due cose contemporaneamente: che ilGeist non può derivare dal modo d'essere specifico della persona il proprio Ohnmacht, inoltre che la persona non è pura espressione del Geist, ma un concetto distinto. Nelle pagine seguenti - attraverso un'analisi dello sviluppo della relazione Geist/persona - si cercherà di verificare tale ipotesi negli ultimi scritti.
7. Persona: da espressione del Geist a forma della compenetrazione.
Se si legge attentamente Scheler si nota che gradualmente nel periodo intermedio e in modo chiaro nell'ultimo periodo i termini persona e Geist sono usati in modo distinto. La tesi dell'Ohnmacht nell'ultimo Scheler è riferita al Geist, mentre la persona già nel saggioErkenntnis und Arbeit del 1924 viene definita come un centro reale.
Nel periodo intermedio il Geist viene definito come il sistema (Inbegriff) dei puri atti intenzionali (GW 13,229)[27] e vi sono parecchi passi in cui Geist e persona risultano termini equivalenti. Inoltre il carattere della persona viene riferito non solo all'uomo, ma anche a Dio, concepito infatti come spirito divino, persona dotata di volontà; aspetto questo che stabilisce un legame fra Dio e l'uomo, tanto che l'uomo diventa esso stesso prova della presenza di Dio.
Questo legame fra persona/Geist e persona/Dio viene a incrinarsi gradualmente fino a risultare possibile, ma non necessario; tale passaggio non è netto e ci sono una serie di scritti che si pongono in una situazione intermedia. Di nuovo il fatto di non avere una precisa catalogazione cronologica dei manoscritti del Nachlaß rende tutto più difficile.
Interessante è un confronto fra due diversi elenchi dei centri reali: a) "1. Geist, centro personale 2. centro vitale 3. centro di forza" (GW 12,145); b) "centri di forza, centri vitali e centri personali" (GW 8,359). Nel primo passo il Geist è identificato con la persona e considerato un ente reale, nel secondo passo invece il termine Geist scompare, quasi che questo non possa più essere identificato col centro reale corrispondente alla persona. Nel complesso gli scritti presenti nel Bd.12 (GW 12,144-147), tendono a non distinguere Geist e persona (GW 12, 145) e il Geist risulta realizzarsi solo nel centro personale, come risulta dal fatto che viene usato il singolare: "das geistige Zentrum" (GW 12,181). Tuttavia sono già presenti spunti opposti che mirano a porre il Geist, in quanto attributo, a un livello differente dalla persona: "Il Geist come attributo dell'Ens a se precede ontologicamente il suo centro personale" (GW 12,181). Oppure si nota che nonostante il Geist sia ancora impermeabile nei confronti della vita esso "si realizza solo assieme all'essenza vitale" (GW 12,144).
Alcune ambiguità rimangono anche nel saggio Die Stellung des Menschen im Kosmos: qui a volte a proposito dell'uomo si parla di "geistiges" Wesen e non di centro personale, quasi che l'uomo possa essere inteso come un'essenza puramente spirituale, e quindi impotente. Inoltre ricompare la tesi già criticata secondo cui "solo una tale essenza è portatrice del Geist" (GW 9,32). Die Stellung des Menschen im Kosmos presenta inoltre altre incongruenze: in esso si fa uso quasi indifferentemente dell'opposizione Geist/Drang e di quella Geist/vita. Da quest'ultima opposizione, di cui è stata messa in luce la contraddittorietà, si può dedurre che la persona risulta l'unico momento in cui il Geist si manifesta nella sfera dell'essere finito. Dall'opposizione Geist/Drang si può dedurre invece la tesi che considera non solo la persona, ma anche il centro di forza e il centro vitale frutto della compenetrazione fra Geist e Drang.
Nell'ultimo periodo la relazione fra Geist e persona viene posta sotto una nuova luce, tanto che la persona non risulta più l'espressione finita del Geist. Occorre in primo luogo prendere molto sul serio i passi di Erkenntnis und Arbeit dove si considera la persona uno dei tre centri reali: centro reale per Scheler significa essere frutto della compenetrazione fra Geist e Drang, e dove c'è compenetrazione col Drang si suppone ci sia una qualche forma di Macht. In tal modo la persona risulta un "modo" distinto dall'"attributo" Geist e inoltre dotata d'una sua energia specifica.
Purtroppo alla domanda "come l'unità del Drang [...] si rapporti ai tre centri principali ...; persone, centro vitale, centro d'energia" Scheler non risponde subito, ma rinvia alla sua "Metafisica di prossima pubblicazione" (GW 8,360). Gli abbozzi manoscritti della Metafisicache corrispondono alla parte B del Bd. 11 si distinguono da Die Stellung des Menschen im Kosmos per una maggiore coerenza e precisione terminologica. I riferimenti a Sein und Zeitdimostrano inoltre che è una delle ultime cose scritte da Scheler. La persona non è più come nel Formalismus semplicemente il centro degli atti intenzionali, ma diventa esso come forma della compenetrazione: rovesciando quanto detto in GW 12,145 in cui era il Geist ad essere il soggetto della persona ora "la persona diventa nella compenetrazione di Geist e Drang il soggetto d'entrambi" (GW 11,209). Tale presenza costitutiva del Drang risulta anche quando s'afferma che ogni compenetrazione di ambedue "gli attributi determina il divenire della personalità. [...] La totalità della compenetrazione di Geist e Drang è la persona di Dio" (GW 11,210). Di riflesso risulta che "il Geist non è personale" e che la personalità "è essenzialmente connessa alla vita e al corpo" (GW 11,208).
Per escludere la presenza inquietante del Drang dalla persona si potrebbe mettere l'accento sul fatto che la persona risulta inoggettivabile, in ogni caso su d'un piano completamente distinto dalla realtà fisica o biologica, ipotizzando che la persona sia formata da una quintessenza distinta dagli elementi che compongono gli altri centri reali (forze, organismi). Ciò che distingue la persona dagli altri centri reali, non è però l'esistenza d'una relazione esclusiva fra persona e Geist, per cui la persona sarebbe una sostanza eterea in quanto concrezione d'un materiale extramondano come il Geist, al contrario Geist e Drang si trovano in una posizione equidistante nei suoi confronti: il Geist è "impersonale quanto il Drang" (GW 11,210).
Si potrebbe concludere affermando che con "Geist" sono stati generalmente confusi due concetti distinti: l'Urgeist ohnmächtig, attributo della Sostanza, e la persona soggetto della sublimazione. A questo punto però sorgono una serie d'interrogativi: come può essere reale qualcosa che è assolutamente ohnmächtig? e se il Geist in sé è irreale e non è fra gli enti del mondo dov'è il suo luogo ontologico?. Inoltre relativamente al soggetto della sublimazione e della compenetrazione: la persona è una delle possibili forme della compenetrazione, oppure la sola possibile?.
In riferimento all'ultimo punto risulta chiaro che se Geist e Drang sono costitutivi di ogni centro reale, allora la persona sarà solo un modo particolare di compenetrazione, e solo uno dei possibili soggetti della sublimazione; la qual cosa era del resto già implicita quando si è messa in luce l'esistenza d'una sublimazione dal centro inorganico a quello vitale. I tre centri reali non sono riconducibili a un piano del Geist e a un piano del Drang, sono invece l'espressione di tre diversi modi di compenetrazione fra Geist e Drang, di tre diversi livelli di complessità di tale compenetrazione. Queste tre sfere dell'essere sono fra loro autonome e caratterizzate da una propria logica specifica, ma tuttavia connesse fra loro in un'unità dinamica che non lascia spazio al dualismo.
8. Status ontologico dell'Urgeist e dell'Urdrang: ....."il Drang possiede certamente esistenza, ma in sé non è ancora realtà"
L'ultimo Scheler, distinguendo fra persona e Geist e definendo la prima come centro reale dotato di Macht, evita gli esiti nichilisti a cui andrebbe inevitabilmente incontro l'idea di un Dio completamente impotente.[28] Tale distinzione determina infatti un brusco ridimensionamento dell'area di validità dell'Ohnmacht, che rimane circoscritta all'attributo Geist, e non riguarda invece più Dio, che - come la persona - è distinto da esso e mantiene i suoi attributi poietici. L'Ohnmacht è qualcosa d'intrinseco al Geist stesso, fa parte della sua natura. Questo, come già accennato, fa sorgere però nuovi problemi. Portare fino in fondo la tesi dell'Ohnmachtsignifica concepire il Geist come un che incapace di qualsiasi azione: il Geist in sé non possiede eccezioni alla sua incapacità d'agire. In Scheler l'attività, anzi la poieticità, viene casomai ceduta al Drang: al Geist rimane solo la capacità di suscitare nel Drang il non non fiat: "Il Geist può realizzare ciò che pensa, ama, afferma, vuole solo attraverso la cooperazione del Drang." (GW 11,192). Qual'è allora il luogo ontologico del Geist? La conseguenza che bisogna trarre dalla tesi dell'Ohnmacht - e che Cassirer non accettava - è quella di negare uno statuto ontico al Geist: l'essere wirk-unfähig (GW 11,192) è segno della mancanza di un proprio atto dell'essere (actus essendi), è indice del non essere un essente. Qualcosa di simile accade anche per il Drang: se il Geist è onmächtig anche il Drang denuncia in sé un'altrettanto grave carenza: risulta energia priva d'orientamento e di complessità che senza la presenza del Geist ricadrebbe subito nel nulla senza approdare mai all'esistenza: "Il Drang è fin dall'inizio bramoso di porre un massimo di realtà - però solo il non non fiat del Geist nell'unità della Sostanza, consente alla sua potenzialità di attuarsi e connette i suoi progetti di fantasia con quelli che risultano essere possibili e avere un senso." (GW 11,192).
La tesi dell'Ohnmacht mette in luce lo stato d'impasse in cui vengono a trovarsi Geist e Dranglasciati a se stessi: "Geist e Drang possono essere tradotti in actu solo assieme, in quanto formano un eterno parallelismo nella sostanza" (GW 11,214). Per venire all'esistenza Geist eDrang hanno bisogno l'uno dell'altro: "Prima che il Geist si coalizzi col Drang è per essenza incapace di agire (wirkunfähig)[29] così come il Drang, prima di tale congiunzione, risulta privo di fini razionali o progetti." (GW 11,192). Ma il loro venire ad esistenza è contemporaneamente il compenetrarsi che dà origine ai tre centri reali dotati di statuto ontico: forze, vita e persona. Il luogo ontologico del Geist e del Drang in sé è nel loro essere attributi pre-reali, cioè condizioni del reale in se irreali e ohnmächtig. Irreale è qui da intendere nel senso di essere "in-esistente in quanto condizione del reale", cioè nel non essere modo, ma attributo della Sostanza.
Anche per quanto riguarda il Drang sono da distinguere due concetti: l'Urdrang in séohnmächtig e irreale e il Drang concrezionato, allmächtig. L'Urdrang è un principio pre-reale: "Tutto l'esser-reale è comprensibile solo a partire [...] dal divenir-reale d'un essere pre-reale e incapace d'oggettivazione, a partire cioè da un Sucht, da un Durst, da un Drang di realtà, [...] che non possiamo comprendere (cosa che sarebbe assurda) come oggetto reale." (GW 11,128). Ancora più chiaro risulta in un passo di Erkenntnis und Arbeit dove criticando Dilthey si afferma che questi non ha compreso che "il Drang e il Durst di realtà precedono l'esser-reale: il Drang possiede certamente esistenza, ma in sé non è ancora realtà" (GW 8,371). Scheler afferma che realtà e forza sono poste dal Drang, il che non significa che il Drangstesso sia realtà e Macht: questo implicherebbe infatti una capacità auto-poietica che non è del Drang: l'atto di questo porre, come ogni atto del Drang, implica infatti sempre il non non fiat del Geist.
Drang significa spinta, pressione, impulso, il problema è di comprendere se l'Urdrang ha in sé un orientamento originario o se per converso risulta completamente cieco: una pura forza senza direzione.[30] Vi è una direzionalità originaria dell'Urdrang indipendente dall'Urgeist?
Affinché possa avvenire una compenetrazione fra questi due principi dev'esserci un'attrazione originaria dell'uno verso l'altro. L'Urdrang non possiede la capacità orientativa autonoma che gli consenta di divenire un ente reale, tuttavia anche indipendentemente dall'Urgeist possiede una brama primordiale verso il reale: Urdrang e Urgeist sono obbligati ad incontrarsi perché l'Urdrang possiede fin dall'inizio un impulso a fondersi con l'Urgeist, pena la ricaduta nel nulla. "E' un errore pensare il Drang come a qualcosa di indifferenziato, privo di Bild e fantasia, non teleoclinico, indifferente verso la forma" (GW 11,122). L'aspetto teleoclinico fondamentale dell'Urdrang è la brama dal nulla verso il reale, questa direzione (Ziel) è anche la sua legge fondamentale, esprimentesi nella tendenza a un aumento di complessità col minimo impiego d'energia: "L'orientamento del Drang è verso la realizzazione d'un massimo di realtà e forme qualitative col minimo sforzo e dispendio d'energie." (GW 11,186). Solo in questo sensoteleoclinico, in questo cercare confusamente il Geist, il "Drang è - anche senza il Geist - costantemente orientato" (GW 11,186).
Altrettanto si deve poter rintracciare nell'Urgeist un moto originario verso l'Urdrang: l'Urgeistvive la propria situazione di Ohnmacht con sofferenza e da tale sofferenza si produce una tensione verso l'Urdrang. Queste due tendenze primordiali sono la prima manifestazione delle due forze che strutturano il reale: Agape ed Eros.
9. La prospettiva anti-dualista dell'ultimo Scheler.
Il termine dualismo ha svariati significati: se con esso ci si riferisce a una dualità di principi come nella teoria della hyle e morphé di Aristotele,[31] allora anche Scheler è un dualista, se invece con dualismo s'intende l'antitesi fra due sostanze, o fra due principi reali, allora Scheler non è dualista. Scheler parla di un'infinità d'attributi della sostanza, al massimo si potrebbe teorizzare come in Spinoza un parallelismo fra l'attributo Geist e quello Drang, non un dualismo sostanziale. Tuttavia anche la tesi del parallelismo di Spinoza - che implica l'impossibilità d'un attributo d'influenzare l'altro come nella tesi per cui solo un'idea può essere causa d'un'idea o un corpo d'un altro corpo - risulta alla fine estranea all'impostazione di Scheler dove invece si parte dal presupposto che il Geist riceva energia dal Drang e il Drangpossa essere orientato dal Geist, di più: non solo si parla d'influsso, ma di compenetrazione. In Scheler il reale è sempre espressione della compenetrazione fra Geist e Drang.
La prospettiva in cui si muoveva Scheler - e che puntava a sbloccare il dualismo mente-materia - era quella del superamento dell'opposizione Idealismo-Realismo. Il pensiero contemporaneo è rimasto restio nei confronti di questa prospettiva, quasi inconsapevolmente imbrigliato in una concezione della realtà dominata da due principi opposti che - utilizzando la terminologia inattuale di Hans Driesch - si potrebbero chiamare meccanicismo ed entelechia. Brentano e Husserl con la distinzione fra fenomeni fisici e psichici o meglio col concetto di intenzionalità e la riproposizione del concetto di coscienza rimangono all'interno di quella prospettiva del rispecchiamento criticata nel famoso saggio di Rorty. Ma anche i tentativi di superamento del dualismo cartesiano compiuti dalla filosofia analitica, ad es. nella figura di Ryle, danno l'impressione d'interpretare la svolta linguistica come sostituzione del paradigma husserliano di coscienza con quello di linguaggio, e soprattutto di concentrare la propria critica sul concetto di mente senza fare altrettanto per il concetto di meccanicismo: lo spirito è comportamento e non rimanda a un'entità metafisica ulteriore, questo sarebbe infatti per Ryle equivalente a ipotizzare che esista "the ghost in the machine".[32] Però perché Ryle parla di macchina, perché deride solo l'idea di spirito e non quella di meccanicismo? In un libro sugli sviluppi della meccanica quantistica, forse discutibile, ma stimolante, Paul Davies e John Gribbin a proposito di questa osservazione di Ryle notano: "oggi alla fine del ventesimo secolo possiamo vedere che Ryle aveva ragione a criticare l'idea dello spettro nella macchina, ma non perché non c'è lo spettro, bensì perché non c'è la macchina".[33]
Scheler quando propone il superamento dell'Idealismo-Realismo afferma con Berkley che la materia non esiste, e contro Berkley che non esiste "in sé" neppure la mente. Se si propone di superare il dualismo mente/materia eliminando uno dei due termini risulta che quello che rimane viene automaticamente assolutizzato in quanto deve possedere - per lo meno potenzialmente - le caratteristiche attribuite all'altro; se si rimane coerenti a questo presupposto allora la distinzione fra idealismo e realismo finisce con l'apparire una differenza di prospettive: una materia che pensa o un pensiero che si materializza. Si può pensare a un'entità unica, ma risulta problematico poterla identificare con un essente: vi è un'articolazione del reale difficile da spiegare a partire da qualcosa che, quale che sia (materia, coscienza, gioco linguistico, ecc.) rimane sul piano ontico. Spinoza, quando rende materia e pensiero degli attributi e rinvia alla Sostanza come momento unificante, si muove nella direzione giusta e compie un passo significativo in vista del superamento del dualismo. Tuttavia una serie di problemi nascono anche quando si pone "questo qualcosa" non tanto al di sopra del piano dell'essente, ma sul piano della Perfezione e si comincia ad adorarlo come un Essere parmenideo, quando si finisce, come dice Cassirer, per contrapporre alla tempesta la quiete d'un piano eterno e immobile. Anche se non si ricade nel dualismo, come in Spinoza, rimane pur sempre il problema di spiegare il problema della storia. Hegel si confronta con questi problemi cercando di vivificare e animare la Sostanza di Spinoza, ma anche qui si ha l'impressione che alla fine si tenti di ridurre tutto a un unico principio incapace di dar conto in modo convincente della "natura", sorge nuovamente il sospetto che si stia assolutizzando uno dei poli del dualismo.
In Scheler rimane molto forte l'avversione all'idealismo: che cosa è la sua tesi dell'Ohnmachtdel Geist se non un attacco diretto a Hegel secondo cui l'idea è "potenza sostanziale"? Il suo tentativo si muove proprio lottando su due fronti nel tentativo di superare le tesi contrapposte dell'idealismo/realismo nelle sue molteplici varianti che alla fine sembrano aver trovato un tacito accordo per spartirsi il mondo secondo i principi del meccanicismo e dell'entelecheia. La posizione di Scheler potrebbe essere letta allora come uno sviluppo della prospettiva aperta dall'ultimo Schelling.[34]
10 La correlatività fra So-sein e Da-sein e la critica all'essere ideale
Molte delle interpretazioni dualiste si basano sulla tesi propria del periodo intermedio secondo cui il Geist pone il So-sein e il Drang il Da-sein.[35] Tale distinzione ha avuto conseguenze in tutti gli ambiti affrontati da Scheler: dall'antropologia alla teoria della conoscenza, alla storia (dove dietro i fattori ideali viene identificato il Geist e dietro quelli reali il Drang). La stessa riduzione fenomenologica viene sviluppata in tal senso come messa fra parentesi dell'essere reale per rivolgersi all'essere ideale, al mondo delle essenze pure. Tuttavia tale opposizione negli ultimi scritti entra in crisi.
Nel periodo intermedio si parla in primo luogo solo di dualismo ontico: "La distinzione fra Wesen e Dasein è all'interno d'ogni essente relativo una differenza ontica", il dualismo ontologico è invece escluso dal momento che nell'Essere assoluto "Da-sein e Wesen si unificano" (GW 5,98). La differenza ontica rimane posta "nell'essere delle cose stesse e non nel nostro intelletto". Tuttavia già in questo periodo si manifesta in forma embrionale anche una prospettiva diversa: la tesi espressa nella "terza evidenza" - secondo cui ogni possibile essente possiede necessariamente un Wesen-sein o Was-sein (essenza) e un Dasein(esistenza) (GW 5,96) - risulta discordante rispetto alle affermazioni precedenti. Se ogniSosein è connesso necessariamente a un Dasein com'è possibile una sfera di Soseiende e una di Daseiende fra loro separati?
L'ultimo Scheler compie su questo punto una svolta netta negando non solo il dualismo ontologico, ma anche quello ontico. Al contrario di prima ora afferma che si tratta d'una distinzione relativa solo all'intelletto e non agli essenti: "valore, Dasein e Sosein sono separabili, ma solo nel Geist e attraverso il Geist, non in sé" (GW 11,242). Scheler sceglie di dare massimo sviluppo alla tesi della correlatività fra So-sein e Da-sein: un'essenza o unWert-sein sono sempre essenza o valore d'un Da-sein e viceversa (GW 11,125).[36] Questo significa che non esistono essenze o valori in sé, indipendentemente dagli atti che li colgono, perché non c'è un'indipendenza ontica fra atto ed essenza. In modo impreciso si può certo dire che 1 e 2 sono un "Sein" ideale, ma questo solo se in realtà s'intende dire che sono un "So-sein"[37] ideale, oggetto del Wissen e degli atti conoscitivi. Il So-sein non è un essere, ma una componente dell'essere e come tale sempre in correlazione a un Dasein. Ciò che risulta al di fuori di tale correlazione è solo un ente finto (GW 11,241). Onticamente esiste una correlatività fra essenza, esistenza, valore e atto, tuttavia questo non esclude che su d'un piano puramente gnoseologico sia possibile distinguerli fra loro e considerarli in modo autonomo. Così facendo Scheler si rivolge contro Bolzano e Husserl: "Contro ogni falsa teoria, d'una completa indipendenza dell'essere dell'atto dall'essere dell'essenza e dall'essere delDasein, [...] noi affermiamo l'indissolubile unità strutturale fra queste tre componenti" (GW 11,225). Esse sono un essente, o l'essere, solo come unità, mai separatamente.
L'ultimo Scheler mette in crisi la tesi d'un Drang che pone il Da-sein e d'un Geist che pone ilSo-sein, quando afferma da un lato che il Drang pone anche il zufälliges Sosein (GW 11,128; 9,81; 8,360)[38] e quindi ha una funzione costitutiva anche per l'essenza, dall'altro che il Geistrisulta influire anche sul Dasein determinandone i limiti di possibilità: la sua funzione diventa quella di porre confini alla Drangphantasie, limitandosi ad essere un principio che mantiene la realtà contingente nel quadro di ciò ch'è possibile relativamente all'essenza (GW 9,101); inoltre il Geist si rivela incapace di porre da solo il So-sein: "Il Geist come principio inattivo produce Wesenheiten solo dietro motivazione della direzione del Drang, mai indipendentemente da essa." (GW 11,190). Il che implica un'interdipendenza fra idee e Drang: "Il Drang e le idee [...] si determinano reciprocamente" (GW 11,262).
Se le idee implicano l'energia del Drang, allora non è possibile ipotizzare un mondo delle idee, un'eterea sostanza spirituale, indipendente dal Drang: le idee al contrario risultano presupporre sempre entrambi, Geist e Drang. Non esiste allora più un regno d'essenze ideali indipendenti e contrapposte al Drang, perché il Drang è parte costitutiva dell'essenza: "l'essenza presuppone già, nella sua delimitazione dalle altre essenze, il Dasein del Drang" (GW 11,89). La tesi della correlatività fra So-sein, Da-sein e Wert-sein e quella della cooperazione fra Geist e Drang portano a negare la possibilità d'un essere ideale: "Noi neghiamo nel modo più risoluto che esista un essere ideale come autonoma regione dell'essere" (GW 11,241).
Le conseguenze di questa svolta sono notevoli, anche se in Scheler non sono del tutto esplicitate. In primo luogo entra in crisi l'interpretazione della riduzione fenomenologica come messa fra parentesi del Drang e della realtà: cancellare il Drang significherebbe annullare anche le essenze. La riduzione fenomenologica appare allora sempre più come la messa fra parentesi non del Drang e della realtà, ma di quel livello di realtà corrispondente allaTriebstruktur del centro vitale.
Dietro questa svolta c'è una decisa presa di distanza da Husserl. L'ultimo Scheler esprime chiaramente la sua insoddisfazione per una concezione dualistica dell'essere che contrapponga un "essere reale" a un "essere ideale" (GW 11,227) e che vede riaffiorare in Husserl (GW 11,225). Questa tesi dell'"essere ideale è riconducibile all'idea cervellotica di Bolzano, che deviò temporaneamente su un falso binario la filosofia tedesca" (GW 11,120). Tale distinzione inizia con Lotze e diventa con Bolzano, Rickert e Husserl sempre più nebulosa, ma influente (GW 11,240). Se in un primo tempo Scheler sembra limitarsi nella critica a Husserl alle Idee I(GW 7,311), successivamente diventa chiaro che tale critica si estende anche alle Ricerche Logiche, dove sarebbero già presenti gli embrioni della "svolta idealistica": "Husserl arriva all'ipotesi delle attraverso una falsa teoria dell'astrazione (cfr. la seconda delle Ricerche Logiche)" (GW 11,241). [39] Detto in modo più chiaro: la critica alla teoria dell'astrazione ha come obiettivo la tesi husserliana dell'essenza come universale: è qui - da queste tesi delle Ricerche Logiche - che si sviluppa il neo-platonismo di Husserl. "La tesi di Husserl che il rosso sia una specie ideale, distinta da questo Sosein è un falso " (GW 11,248). In contrasto con tali tesi Scheler afferma quella dell'immanenza della specie nell'oggetto e della Daseinsrelativität dell'oggetto (GW 11,242). L'essenza non è un "essere ideale" contrapposto a un "essere reale": dal fatto che l'essenza è un oggetto indipendente della ricerca non si può dedurre "che c'è anche un modo d'essere indipendente dell'essenza" (GW 11,226). Slegare l'essenza dal Dasein e farla aleggiare al di sopra d'esso in un autonomo mondo dell'essere ideale, significa andare molto al di là dal considerare essenza e Daseincome entità distinguibili (GW 11,226).
11. L'eresia dell'Ohnmacht e la critica alla metafisica delle ideae ante res.
Vi sono diversi aspetti eversivi nella tesi dell'Ohnmacht che sfuggono completamente a molti interpreti come ad es. a Lenk. Brenk, pur non condividendole, sviluppa un'ottima analisi delle posizioni di Scheler e arriva all'importante conclusione che sono completamente incompatibili con quelle della metafisica tradizionale. Quando uscì la monografia di Brenk questa suonava senza dubbio, e infatti così era intesa, come una critica. Oggi invece testimonia semmai il carattere innovativo, la distanza della posizione di Scheler rispetto al pensiero metafisico tradizionale.
L'errore principale di tutta la metafisica tradizionale è per Scheler quello di supporre che "le forme dell'essere più alte aumentano, quanto più sono alte, non solo in senso e valore, ma [...] anche in forza e potere" (GW 9,51). Un secondo errore è il teleologismo in quanto, considerando le forme dell'essere più alte come perfette, eterne, immutabili e nello stesso tempo dotate di potenza, si arriva "alla visione del mondo teleologica, cioè a un insostenibile senza senso" (GW 9,51).
A queste tesi Scheler contrappone quella dell'Ohnmacht. La metafisica tradizionale attribuisce alle idee e alla Vernunft un'energia e un potere originari (GW 12,58), mentre Freud ha dimostrato che al contrario è il Trieb a possedere l'energia originaria. La stessa cosa si può dire a proposito dei fattori ideali e reali della storia dove Scheler risulta chiaramente attratto dalla critica di Marx a Hegel e cerca di trovare una soluzione intermedia.
Si è già visto come il Geist divino venga spodestato: "Il potere creativo, da cui traggono origine tutti i Bilder e le cose di questo mondo [...] non può essere il Geist stesso. Noi lo chiamiamo Drang" (GW 12,37 cfr. anche 11,221). Rovesciando la tesi del noûs poieticós in quella dell'Ohnmacht, Scheler s'allontana dalla teoria tradizionale dell'ipostasi a cui per più versi era stato debitore nel periodo intermedio: l'ipostasi non è più relativa a un Geistidentificato con la persona, ma la direzione d'un Assoluto in divenire che include in sé anche ilDrang e che tende a divenire persona.[40]
Probabilmente non è errato mettere in connessione Geist con termini come forma, differenziazione e senso. Tenendo presente la distinzione fra Geist e persona risulta limitante interpretare il conferimento di forma o di senso come "intenzionalità", o addirittura confinare il legame indiscutibile Geist/idee all'interno della Wesenserkenntnis: questa rappresenta ancora una volta il livello corrispondente al centro personale, non al Geist. E' la persona, Dio o uomo che sia, a possedere la capacità di Erkennen e di aprirsi alla Wesenserkenntnis, non ilGeist in sé. Inoltre neppure nel caso della persona la Wesenserkenntnis può essere considerata un carattere centrale; questo significherebbe infatti rimanere all'interno d'un'impostazione gnoseologica che Scheler chiaramente contesta.
Detto questo il legame del Geist con le idee rimane essenziale, ma deve essere reinterpretato in un'altra direzione: non verso la Wesenserkenntnis, ma verso il Drang; non verso la tesi delGeist che pone la quiete, ma verso la tesi delle idee come strumento della interpenetrazione fra Geist e Drang.
Scheler afferma che il "Geist umano è ciò che rende possibile i vari tipi di Teilhabe" (GW 11,216). Di conseguenza dal momento che il "Geist divino è solo la potenza di creare le idee, allora la nostra conoscenza delle idee è ri-creazione, non un impossessarsi delle stesse quasi che fossero oggetti. Le idee però non sono neppure ri-produzioni. Le idee sono spontaneamente prodotte e contemporaneamente comprese [...] dall'uomo attraverso la ri-creazione" (GW 11,91). L'accostamento di questi due passi consente di chiarire meglio il senso di ciascuno: se il Geist divino è la potenza di produrre idee, il Geist umano si caratterizza come teil-haben, come capacità di partecipare a tale creazione. Si raggiunge così una prima delimitazione generale del concetto di Geist inteso come potenzialità di creare o di partecipare alle idee: "Il Geist è la capacità passiva di produrre idee, protofenomeni, valori, orientamento" (GW 11,189),
Le idee diventano gli strumenti dell'azione modellante/inibitrice del Geist nell'atto della compenetrazione col Drang: i progetti, gli schizzi alla base del Lenken e Leisten. Il Geistattraverso le idee esprime la sua funzione contenente nei confronti della fantasia (che in Scheler è un'attività del Drang), sia in riferimento alla persona (Wesenserkenntnis) sia in riferimento alla Triebstruktur (sensibilità). Ma tali idee, ridotte ad essere schizzi e abbozzi creati sul momento, non sono più le ideae ante res. Negando la tesi del noûs poieticós Scheler si dirige contro tutte le forme di neoplatonismo (compreso Husserl e Bolzano) che ipotizzano un mondo delle ideae ante res autonomo e indipendente dalla storia e apre la strada alla sua tesi delle ideae cum rebus.
Si può pensare che questo valga solo relativamente al Geist umano e non a quello divino: le idee nella Sostanza potrebbero essere intese alla maniera di Agostino o Descartes come eterne e immutabili, o in ogni caso indipendenti dal Drang, ma questo è negato da Scheler: "La cinetica delle idee fra loro ha luogo anche nella Divinità sotto lo stimolo del Drang, che seleziona e costruisce i suoi Bilder seguendo le direzioni dei propri Triebe" (GW 11,246).
Il tentativo dell'ultimo Scheler risulta alternativo alla metafisica tradizionale. Nel contempo risulta alternativo anche a tutte quelle varie posizioni che criticando giustamente alcuni aspetti della metafisica tradizionale finiscono col negare però la possibilità stessa d'un pensiero metafisico, se non addirittura della filosofia in generale. Sotto il fuoco incrociato di queste due visioni Scheler rimane fedele alla sua convinzione più profonda: la necessità di continuare a riflettere a partire dallo stupore della ragione di fronte alla domanda: "perché l'essere piuttosto che il nulla?",[41] stupore che mantiene aperta la legittimità del discorso filosofico e nello stesso tempo si rivela eversivo nei confronti delle sue molteplici dogmatizzazioni.
Note
[1] Lascio il termine in tedesco perché rende meglio il senso implicito nella tesi di Scheler: "Macht" deriva dal latino "machina" e dal greco "mechané", tale sostantivo include non solo il significato di macchina o meccanismo, ma anche quello di astuzia, artificio, come appare nel sostantivo "mechánema", allo stesso modo ohn-mächtig può essere ricondotto al greco "a-méchanos": incapace, privo di risorse, bisognoso. Il termine "Ohnmacht" era già presente in von Hartmann, ad es. nel passo citato da Scheler in GW 5,185, inoltre non è da escludere un influsso dell'ultimo Schelling.
[2] Geist und Leben in der Philosophie der Gegenwart, in: "Die neue Rundschau" 31/1, 1930. E' merito di R. Racinaro aver tradotto e introdotto questo e altri lavori in: Cassirer, Spirito e vita, Salerno 1992, a cui si farà riferimento per le citazioni. L'introduzione di R. Racinaro, pur muovendosi su alcuni punti in una prospettiva diversa, è stata un importante stimolo positivo alla concezione di questo mio lavoro.
[3] "GW" sta per: Max Scheler, Gesammelte Werke, Bern und Bonn, 1954-1993; Hrsg. von Maria Scheler und Manfred S. Frings. Il numero arabo che segue indica il corrispondente volume, seguito dal numero della pagina.
[4] Sui rapporti fra Scheler/Heidegger decisive sono le analisi di Otto Pöggeler, Ausgleich und anderer Anfang. Scheler und Heidegger, in: "Phänomenologische Forschung" Bd. 28/29 1994 (numero dedicato a Max Scheler), ma anche l'importante raccolta di saggi: Schritte zu einer hermeneutischen Philosophie, Freiburg 1994.
[5] Scheler contesta proprio quella metafisica tradizionale e statica che continua ad essergli attribuita: limitatamente agli studi in lingua italiana più recenti ad es. A. Escher di Stefano (Il coraggio della verità, Napoli 1991) afferma che l'ultimo Scheler "intende fondare e celebrare una intellegibile, eterna realtà come sede di valori immutabili, il cui supporto è il cosmo metafisico e il cui metodo è quello realistico-dogmatico" (p. 168). Scheler con la tesi delleideae cum rebus contesta la teoria delle ideae ante res, e intende le idee e i valori (cfr. GW 12,212), non più come qualcosa d'eterno e immutabile, ma in divenire. Tale tesi compare per la prima volta nel volume 9 delle GW (p. 251-253) apparso nel 1976.
[6] Che mi risulti gli unici studi specifici sull'argomento sono il saggio di K. Lenk, Von der Ohnmacht des Geistes, Tübingen 1959 e gli articoli di: W. Weier, Max Scheler These von der Ohnmacht des Geistes, in: "Mitt. Forsch. Cusanus-Gesellsch." 13 (1978); e di R. Corbey, Max Schelers Onmachtsthese, in: "Tijdschrift voor Filosofie", 45/3, 1983. L'articolo di P. Good (Von der Ohnmacht der Geistes. Zur philosophischen Anthropologie Max Schelers. In: AAvv (a cura di A. Babolin), Antropologie tipologiche e filosofia della religione, Perugia 1984) in realtà affronta le conseguenze antropologiche di tale tesi, non la tesi in sé.
Lo studio di Lenk, che generalmente viene considerato un punto di riferimento su questo argomento, fa trasparire una conoscenza approssimativa e inesatta del pensiero di Scheler, come quando afferma che mentre in Spinoza gli attributi sono infiniti in Scheler sono solo due (cfr. Lenk, 86).
[7] B. Brenk, Metaphysik des einen und absoluten Seins. Meisenheim 1975.
[8] Con la tesi dell'Ohnmacht Scheler al contrario raggiunse l'apice della polemica con i settori tradizionalisti del cattolicesimo. Per valutare il carattere del pensiero politico di Scheler occorre comunque rifarsi alla tesi dell'Ausgleich in cui viene teorizzato un confronto tendente alla cooperazione fra le diverse razze, culture e religioni, e fra i diversi sistemi economici e politici (ad es. capitalismo/socialismo, economia di mercato/statale). Questa tesi venne criticata da Carl Schmitt che andava teorizzando al contrario l'annientamento del nemico.
Da un punto di vista politico vi è da osservare che Scheler appoggiò la Repubblica di Weimar e in particolare il progetto del ministro Walter Rathenau, suo amico personale. Infine non è un caso che durante il nazismo fu impossibile pubblicare o ristampare opere di Scheler, che era pur sempre di madre ebrea, e che lo stesso cerchio di amici e colleghi che alla morte di Scheler nel 1928 sotto la guida di Heidegger si occuparono del Nachlaß nel 1933 si sciolse considerando rischioso o compromettente occuparsi di Scheler o anche solo mantenere contatti personali con chi se ne occupava. A proposito cfr. le amare considerazioni di Maria Scheler che continuò in completo isolamento questo lavoro ("Zeitschrift für philosophische Forschung", 1948).
[9] Cassirer afferma che "un'esposizione, un'interpretazione e una considerazione critica di questi pensieri fondamentali rimane ovviamente un'impresa arrischiata. Ché l'antropologia di Scheler è rimasta un frammento" (Cassirer, 104)
[10] Uno sviluppo di tale prospettiva viene offerto dai lavori di A.R.Luther: Persons in Love, The Hague 1972; The articuled Unity of Being in Scheler's Phenomenology, in: AAvv, Scheler (1874-1928) Centennial Essays. hg. M.S.Frings, The Hague 1974.
[11] Gehlen pone i sistemi direttivi superiori in un rapporto diretto con la costituzione biologica deficitaria dell'uomo, affermando che le istituzioni e la cultura sono un prodotto della coscienza strumentale dell'uomo, il surrogato che consente all'uomo di sopravvivere. Nell'edizione del 1950 di Der Mensch compie su questo punto una svolta rifiutando esplicitamente tale tesi e riconoscendo al Geist, alle istituzioni e alla cultura una loro autonomia e irriducibilità alla coscienza strumentale (cfr. §44. Esposizione di alcuni problemi dello spirito, in: L'uomo, tr.it. Milano 1990). In tal modo Gehlen in pratica riprende le tesi di Scheler, tuttavia in questa ritrattazione rivolge proprio a Scheler l'accusa d'essere stato assieme a Bergson l'ispiratore della tesi della derivazione del Geist dalla costituzione biologica deficitaria dell'uomo e di conseguenza della cultura come organizzazione teleologica tesa a conservare l'uomo nell'esistenza (cfr. ed it. Milano 1990, p. 432 e seg.). Purtroppo simili fraintendimenti del pensiero di Scheler non sono un'eccezione.
[12] Su questi temi, oltre all'Introduzione già cit., cfr. sempre di R. Racinaro: Il futuro della memoria, Napoli 1985, p. 258 e seg..
[13] In realtà Scheler proprio in Die Stellung critica energicamente il dualismo cartesiano cfr. GW 9,58. In Italia l'interpretazione "dualista" è stata ripresa e radicalizzata anche da F. Bosio, come quando sostiene che l'opposizione fra spirito e vita non può non sfociare in un "dualismo addirittura ontologico" (cfr. F. Bosio, L'idea dell'uomo e la filosofia nel pensiero di Scheler, Roma 1972, p. 272).
[14] Non è qui il caso di proseguire su questo confronto con Spinoza, basti aggiungere che Spinoza viene reinterpretato attraverso la lezione di Schelling e von Hartmann e che quindi la sostanza viene intesa come centro dinamico di libertà.
[15] Scheler ha contribuito lui stesso a questa confusione: si può notare uno sviluppo dalla originaria contrapposizione vita/Geist, che Scheler eredita dal suo maestro Eucken e che con Klages trova la massima espressione, alle opposizioni fra centri reali (vita/persona) e fra attributi pre-reali (Drang/Geist). Non si tratta neppure di limitare questa distinzione al Geist in sé e alla sua manifestazione: la tesi d'un Geist ohnmächtig che entra nella storia e si concretizza calamitando su di sé le energie del Drang è già stata definitivamente criticata da Cassirer.
[16] Buber - sulla scia di Cassirer - fa una serie di osservazioni critiche sulla tesi dell'Ohnmacht, in primo luogo connettendola in modo senz'altro corretto a quella della sublimazione. Per Buber la tesi dell'Ohnmacht è insostenibile per gli stessi motivi già enunciati da Cassirer: "con quali energie il Weltgrund aveva inibito e disinibito il suo Drang? [...] Proprio la concezione di Scheler del Weltgrund richiede un super-potere del Geist un potere che sia così grande da essere in grado di inibire o disinibire tutte le forze di movimento da cui trae origine il mondo" (Martin Buber, Werke I, München 1962, p. 387).
[17] Su questo punto insiste particolarmente Cassirer, che aveva sviluppato la sua teoria delle forme simboliche attorno a tematiche simili.
19] Scheler parla di tecnische Antrieb (GW 8,115).
[20] Oltre Cassirer, cfr. ad es.: H. Plessner, Erinnerung an Max Scheler, p. 26; A. Gehlen,Rückblick auf die Anthropologie Max Schelers, p. 184; ambedue raccolti in: AAvv, Scheler im Gegenwartsgeschehen der Philosophie, (h.g. P.Good) Bern und München 1975. Relativamente gli studi in lingua italiana più recenti: Escher di Stefano, op. cit. p.286.
[21] H. Herzfeld, Begriff und Theorie vom Geist bei Max Scheler, Phil. Diss., Leipzig 1930; F. Bassenge, Drang und Geist. Eine Auseinandersetzung mit Schelers Anthropologie, in: "Zeitschrift für philosophische Forschung", XVII, 1963.
[22] La tesi della sublimazione cade in aporie analoghe a quella dell'oggettivazione e pone interrogativi simili: o pensare che il Geist sia riducibile alla natura (Herzfeld, Blassenge) o ipotizzare una sublimazione completamente indipendente dal Geist, oppure pensare un Geistche si estende e opera anche all'interno della natura pur senza essere dedotto da questa. La sostituzione dell'opposizione Geist/vita con quella Geist/Drang può rappresentare un primo passo nel superamento di tali problemi.
[23] Luther intende Wirklichkeit nel senso di attualità, ma per l'ultimo Scheler è proprio ilGeist ad essere senza capacità d'atto. Tali concezioni entrano in crisi quando l'ultimo Scheler identifica wirkfähig con reale in contrasto con intenzionale (GW 9,236). Il Geist in sé viene definito wirk-unfähig (GW 11,192) o privo di Wirksamkeit (GW 8,21).
[24] cfr. nota 23
[25] Mi risulta che l'unico a fare un accenno in questo senso è stato W. Cremer, Person und Technik, Idstein 1991. Purtroppo tutta la sua analisi, ogni volta che arriva alla soglia di questo problema, dichiara la propria impotenza e rinuncia ad affrontarlo. Anche gli studi di Herzfeld sul Geist e di Weier sull'Ohnmacht non distinguono persona e Geist.
[26] Col concetto di persona si raggiunge probabilmente il punto centrale del pensiero di Scheler, di conseguenza la letteratura sull'argomento è molto ampia. Le analisi migliori sono quelle di H. Leonardy (Liebe und Person. Max Scheler Versuch eines "phänomenologischen" Personalismus, The Hague 1976) che riconduce persona a ordo amoris e quelle di Luther (cit.) che interpreta la persona come centro creativo d'orientamento dinamico, tuttavia neppure in tali lavori si distingue chiaramente persona da Geist, anzi in Luther risultano due concetti identici. Luther tuttavia è in parte giustificato dal fatto di specificare di limitarsi a considerareWesen und Formen... .
[27] Queste pagine furono scritte da Scheler come appunti per le lezioni nel 1909 e riviste nel 1921 su questo cfr. quanto dice Frings in GW 13,258
[28] E' proprio questo nichilismo che costituisce il Leitmotiv delle critiche alla tesi dell'Ohnmacht, da Lenk a Weier.
[29] cfr. nota 23
[30] Una tale immagine del Drang è a mio avviso il limite delle altrimenti ottime analisi di P. Good (op. cit.).
[31] Sia Cassirer, che Bassenge fanno un interessante confronto fra i due principi aristotelici e quelli di Scheler, Cassirer individua la differenza nella assenza di teleologismo della visione di Scheler, a me sembra che se si nega la possibilità d'un essere ideale e si concepisce l'essere solo come sinolo di hyle e morphé ci siano molte similitudini con la tesi di Scheler.
[32] G. Ryle, Lo spirito come comportamento (1949), Torino 1955
[33] Davies & Gribbin, The Matter Myth, New York 1992, p. 309
[34] Sul problema del superamento del dualismo importante mi sembra la prospettiva di Peirce quando con la teoria del triangolo semiotico afferma che tutto è segno, però aggiunge subito dopo che ogni segno può diventare a sua volta un interpretante o un oggetto: il che vuol dire che tutto è segno, ma anche interpretante od oggetto a seconda dei punti di vista. Questo tema è stato sviluppato a proposito del tema dell'interpretazione da Royce in The Problem of Christianity. Nonostante l'esito idealista l'interpretazione di Peirce offerta da Royce offre degli spunti interessanti che trovano un'analogia con le posizioni di Scheler, soprattutto nel suo punto di partenza: quello del rifiuto dell'alternativa sensualismo/razionalismo che finisce col far dipendere la capacità cognitiva esclusivamente o dalla perception o dallaconception.
[35] Tale tesi viene portata alle estreme conseguenze da Lenk che suppone due sfere dell'essere separate che fanno riferimento al So-sein (Geist) e al Da-sein (Drang), inoltre identifica la sfera del Da-sein col Real-sein e quindi con la Wirkfähigkeit, per concludere che già nel periodo intermedio il Geist e la sfera del So-sein era caratterizzata dalla Ohnmacht(Lenk, 16). Che siano individuabili anche nel periodo intermedio embrioni di tale tesi è giusto, tuttavia quello che sfugge a Lenk è che la tesi dell'Ohnmacht viene sviluppata proprio in connessione col superamento dell'opposizione ontica fra So-sein e Da-sein e non come rafforzamento di tale opposizione. Fra i tanti che recentemente ripropongono tale dualismo fra essere ideale e reale basti citare Escher di Stefano: "L'ultimo Scheler traduce la sua delusione assiologica nel dualismo metafisico di realtà cieca e spirito impotente, collocando accanto al mondo ideale dello spirito il mondo, altrettanto originale e irriducibile, della realtà istintiva e legittimando accanto alla realtà ideale la realtà esistenziale" (Op. cit. p.285).
[36] Non deve sfuggire che qui Scheler parla anche di valore, infatti la tesi d'un dualismo ontico fra So-sein e Da-sein, viene sostituita con quella d'una triadicità indissolubile dell'essere: Wert-sein, Da-sein e So-sein.
[37] Scheler però a volte parla di Wesen-sein, il che non deve essere inteso come Sein dellaWesen! altrettanto ambigua è l'espressione Real-sein (ad es. GW 11,227)
[38] Il primo a rendersi conto dell'importanza di questo punto è stato Blassenge, op. cit..
[39] Da notare che questa critica era già presente nel libro del 1906 improvvisamente ritirato dalle stampe e poi non più pubblicato.
[40] Utilizzo il termine "ipostasi" tenendo presente Levinas, cfr. ad es., Il tempo e l'altro (1949), Genova 1987 e Totalità e infinito (1961) Milano 1977.
[41] Tale domanda che fu di Leibniz e Schelling, è riproposta anche nella famosa prolusione di Heidegger "Che cos'è metafisica" del 1929. Scheler la pone al centro della propria riflessione fin dal 1920, individuando nella Verwunderung, propria di chi rimane fulminato da tale interrogativo, la radice ultima della dimensione metafisica (cfr. GW 5,134).
References
- Precisazione terminologica: in questo articolo ho proposto di tradurre il termine "teleoklin" con "teleoclinico" e non con "finalistico", come invece era fino a quel momento in uso in italiano, successivamente ho corretto la traduzione proponendo il termine "teleocline".
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