lunedì 30 gennaio 2012

La Totalità incompiuta: l'atto come cellula della persona

Osservazioni su: G. Cusinato, La Totalità incompiuta. Antropologia filosofica e ontologia della persona, FrancoAngeli Milano 2008, p. 336.



 Recensioni on-line al libro:

Recensioni su rivista:
1) A. Vigorelli: in: «Rivista di Storia della Filosofia» 3/2009, pp. 646-648
2) A. Michelis: in: «Filosofia e teologia»3/2011, pp. 668-670.

Ampie sintesi on-line del volume sono rintracciabili in:


 La persona nasce una prima volta metabolizzando funzioni psichiche in atti (l'atto è la cellula della persona), ma poi nasce una seconda volta nella misura in cui co-esegue gli atti metabolizzati (la co-esecuzione dell'atto è un passo, un tassello nel processo di tras-formazione dell’identità personale). Nel primo caso l’atto è il punto di arrivo del primo livello d'individualizzazione, nel secondo è il punto di partenza del secondo livello d'individualizzazione, quello che dà origine a un nuovo inizio. Ne consegue che la persona non è affatto la semplice successione dei suoi atti, o qualcosa che permane identico nella successione degli atti, ma piuttosto la co-esecuzione dei suoi atti.

Qui di seguito riporto l'Introduzione (pp. 11-14):  

Introduzione
 Che cos’è una persona? Come si costituisce concretamente l’identità personale ? Che rapporto c’è fra identità personale e identità psichica ? C’è coincidenza fra persona e homo sapiens ? La persona è ancora oggi, nonostante tutto, al centro del dibattito filosofico, sociologico, giuridico e bioetico, eppure la dimensione ontologica della persona, immersa in un’ambiguità di fondo [1] , sembra sfuggire continuamente alle reti concettuali costruite dalle più svariate teorie.
Per affrontare questi problemi propongo un’ontologia della persona come compimento dell’antropologia filosofica. L’antropologia filosofica nasce nella Germania degli anni Venti in un periodo “fluido” in cui l’eclissi delle tradizionali concezioni dell’uomo non aveva ancora lasciato il posto alla cristallizzazione totalitaria dell’uomo di massa che si sarebbe imposta negli anni Trenta. Mai prima d’ora, poteva ancora affermare Max Scheler nel 1926, l’uomo è risultato così drammaticamente enigmatico a se stesso, eppure tale epoca è anche la prima in cui l’uomo, socraticamente, sa di non sapere chi è. L’antropologia filosofica era dunque originariamente vissuta come una grande occasione  per relativizzare tutti i tentativi volti a consegnare l’uomo a una definizione fissa, restituendo così l’enigmaticità dell’uomo in tutta la sua complessità. Sempre nel 1926, Scheler osserva che l’enorme mole di dati raccolti dalle scienze biologiche, dalla fisiologia, dalla medicina e dalla psicologia hanno reso l’uomo, se possibile, ancora più misterioso a se stesso: più conosciamo l’uomo, come oggetto di discipline specialistiche, e tanto meno lo comprendiamo nella sua totalità.
Si tratta di cogliere l’enigma dell’uomo, ma a partire da una categoria dinatura e di vita che non coincide più con quella della scienza positivista. Heidegger seguirà inizialmente una strada diversa, partendo da un Dasein per più versi pensabile rigorosamente solo nei confini della lingua tedesca, e che, ponendo preliminarmente la questione ontologica, intanto spoglia l’uomo dalle dimensioni della corporeità, dell’erotismo, dell’unicità individuale, dell’apertura al mondo, ma senza la garanzia di poterle poi adeguatamente recuperare nei passaggi successivi.
Nel porre la questione dell’uomo in riferimento alla categoria di vita,l’antropologia filosofica non ricade nel biologismo, dimenticando così la differenza ontologica, ma piuttosto cerca di ricomprenderla concretamente a partire dall’atto, decisivo, del superamento di quella chiusura ambientale di von Uexküll, a cui successivamente Heidegger stesso presterà molta attenzione. Da qui l’importanza d’indagare, meglio di quanto si sia fatto finora, i radicamenti dell’antropologia filosofica nella discussione che dal concetto di auto-organizzazione, genialmente elaborato da Kant nella Critica del giudizio, arriva fino alla teoria dell’organismo di Schelling come «schema della libertà» e alla teoria della Stufenfolge dell’autoregolazione (o “centricità”) dei diversi sistemi viventi. Tematiche che attraversano anche l’antropologia filosofica di Scheler e Plessner e che si ramificano poi in direzione della nuova teoria dei sistemi, quella che con Maturana e Varela definisce l’organismo in senso autopoietico. Fare i conti con questi risultati significa chiedersi se l’uomo stesso sia o meno un sistema autopoietico.
L’antropologia filosofica del XX secolo ha cercato di definire l’uomo in riferimento a una instabilità biologica che lo porta a trasformare il proprio corpo (la teoria del cybor di Alsberg) oppure il proprio ambiente (Gehlen). E se invece l’uomo fosse l’essere che si caratterizza per dare alla luce una nuova forma di esistenza? Come comprendere altrimenti il passaggio dalla centricità – che caratterizza la sfera biologica (compreso l’Io soggetto della coscienza razionale) – all’ex-centricità della persona? Come comprendere altrimenti il rapporto fra l’eccedenza dionisiaca di Nietzsche e l’eccedenza agapica di Scheler? Mentre l’eccedenza dionisiaca dà ancora forma all’immaginazione del soggetto, l’eccedenza agapica risulta irriducibile a uno schema proiettivo anticipante ed è già volta a far spazio, in un centro personale, all’emergere di una novità positiva (cfr. p. 206). L’eccedenza agapica si presenta come un caso di creatività esemplare.
Rispetto a queste problematiche l’antropologia filosofica di Scheler si presenta eccessivamente sbilanciata sul concetto di spirito (Geist), con il risultato di venir recepita come una protuberanza metafisica e teomorfica. Certo si tratta d’interpretazioni di comodo, ma alla base di questo mio lavoro vi è anche la convinzione che non sia più sufficiente limitarsi a correggere e migliorare l’antropologia filosofica del Geist. Più promettenti sono eventualmente le riflessioni di Scheler sui concetti di Vorbild (guida) e diBildung (formazione). È attraverso una nuova antropologia filosofica dellaBildung che sarà possibile cogliere il problema della persona come l’essere che, essendo privo di un’essenza predefinita, è costretto a formarsi e quindi a nascere una seconda volta.
Ciò che si sta verificando nell’attuale società, immersa nella liquidità postmoderna, è proprio un arresto di tale processo di formazione: qui l’uomo ritorna indietro e assolutizza la propria fissità autoreferenziale. Da questa posizione di autosufficienza discende quella mancanza di ritegno – conseguente alla forbice sempre maggiore fra consapevolezza dei propri limiti e mezzi tecnici a disposizione – che contraddistingue le scelte dell’uomo attuale. Certe forme di ingegneria genetica e l’applicazione delneuromarketing alla manipolazione dell’opinione pubblica diventano così la comoda alternativa al difficile processo di formazione della persona. Se l’uomo è l’essere che nasce come totalità incompiuta, il pericolo è che, in mancanza di adeguati spazi di formazione, il compito di plasmarlo venga assunto da qualcun altro: ieri l’ideale ascetico e oggi l’allevamento mediatico di massa. Se questa è la minaccia, allora l’antropologia filosofica va ripensata in direzione della formazione degli strati affettivi della persona (cfr. pp. 103-120), magari sondando anche possibili convergenze con le tematiche sollevate dalla cura sui di Pierre Hadot o dalle tecnologie del sé dell’ultimo Foucault. 
Perché allora “ontologia della persona” e non semplicemente “fenomenologia della persona”? Il problema è che da Locke fino alla bioetica di Singer e Engelhardt ha dominato una generica indistinzione fra Io e persona. Un’indistinzione che da un lato è funzionale all’atrofizzazione del processo di formazione, dall’altro ripropone una barriera ostracizzante fra persone e non persone. Per questo non è possibile partire da una semplice descrizione di come si dà la persona nell’esperienza comune, ma è necessario individuare una tesi forte, capace di dar conto di come una persona si costituisca ontologicamente in modo diverso dall’Io .
La proposta è quella di partire dalla relazione fra atto e persona: gli atti sono le “cellule” metabolizzate dall’ordo amoris della persona. La persona metabolizza le funzioni psichiche in atti, ma poi nel rapportarsi ai propri atti inaugurerà qualcosa di ontologicamente imprevisto e che distingue la persona da tutti gli altri enti: essa si svela un ente ontologicamente innovativo che dà origine a una nuova forma di esistenza. Ogni atto è un tassello del percorso di rinascita tracciato dal divenir-persona. Questo perché l’atto non viene eseguito (come invece accade per un’azione o una funzione psichica), ma per l’appunto co-eseguito. In altri termini nella co-esecuzione la persona non auto-organizza gli atti autopoieticamente, ma li organizza “compartecipativamente” [2] .
Nella compartecipazione la persona si svela una totalità incompiuta che, in quanto tale, ha bisogno d’inaugurare un processo formativo facendosi contagiare dall’esemplarità. Nell’esemplarità altrui è individuabile la matrice generativa di un processo formativo particolarmente riuscito, quindi di un’esperienza nuova che posso creativamente fare anche mia (cfr. p. 208). Incompiutezza ed esemplarità sono ciò che differenzia la persona dall’Io. Dietro la persona non c’è un’essenza compiuta, ma un moto espressivo, cioè una matrice  generativa del percorso ontologico con cui una determinata persona è riuscita a esprimersi nell’atto (cfr. “principio di espressività”).L’“essenza”  della persona è perfetta nella misura in cui è incompiuta.L’incompiutezza , lungi dal rappresentare una mancanza, indica la capacità di mantenere aperto uno spazio innanzi. La persona è una “totalità incompiuta ” che deriva la propria perfezione dall’essere sempre aperta a un ulteriore possibile compimento compartecipativo  (cfr. “principio d’identità compartecipativa ” ).
Un’essenza compiuta sarebbe invece vissuta dalla persona come una gabbia o una barriera statica. Nella misura in cui la persona finita si posiziona come “totalità compiuta”  tronca ogni rapporto con la dimensione compartecipativa e ricade nella logica egocentrica. La persona è in definitiva un grande riconvertitore di energie psichiche in energie compartecipative e quindi una risorsa fondamentale per tentare d’impostare un nuovo modo di risolvere i conflitti e di rapportarsi alla natura, una volta che la logica centrica sia arrivata al capolinea.
Se dimentico tutto ciò, proprio nell’istante in cui faccio riferimento alla persona sarò subito tentato di tracciare una discriminazione nei confronti della non-persona, magari ricadendo nell’opposizione giuridica fra persona e cosa. Un’opposizione inaccettabile, non solo perché i confini tracciati di volta in volta dal diritto rimangono storicamente mutevoli e incerti, ma soprattutto perché va contro il senso stesso della persona, che non è quello di accentrare diritti, quanto di promuoverli compartecipativamente oltre se stessa, riconoscendo quale non-cosa tutto ciò che la circonda e quindi sviluppando un’etica della responsabilità nei confronti degli altri esseri viventi e della natura.

 Note
 [1] Tale ambiguità è già presente etimologicamente nel termine greco “prosopon”, che indica innanzitutto il “volto” dell’individuo, ma anche la “maschera” dell’attore teatrale. Quest’ultimo significato diventa preminente nel termine latino “persona”. Tuttavia non bisogna dimenticare che nella tradizione cristiana emerge anche un diverso senso a partire dalla discussione sul mistero trinitario: sia Tertulliano che Agostino utilizzano “persona” per tradurre il greco hypostasis: «una sostanza (ousia), tre persone (hypostaseis)».  
[2] I rapporti “partecipativi” si sviluppano entro canali prestabiliti riferendosi a un “modello”, mentre quelli “compartecipativi” si possono esprimere creativamente facendosi contagiare da una “esemplarità”. Per usare una metafora visiva è come quando la luce rimane catturata entro una fibra ottica oppure quando può diffondersi liberamente nell’ambiente. Ho qui presente la nota distinzione fra “radiazione” e “illuminazione” proposta da J. Gibson  (cfr. J. Gibson , Un approccio ecologico alla percezione visiva , Bologna 1999, 97-104).


Ulteriori osservazioni:

L’atto come cellula della totalità incompiuta
 H. Jonas parla dell’organismo come di una “sorpresa ontologica”, di una entità ontologicamente nuova rispetto al mondo inorganico. Per comprendere in che modo la persona sia una “sorpresa ontologica” rispetto all’organismo è utile rifarsi ai risultati che le scienze biologiche hanno raggiunto relativamente allo studio dell’organismo stesso, questi ruotano attorno al concetto fondamentale di metabolismo. Un tentativo di ripensare filosoficamente il metabolismo venne compiuto fra gli anni cinquanta e sessanta da H. Jonas, ma a mio avviso è più approfondita e rilevante la riflessione avviata su questo punto successivamente con la nuova teoria dei sistemi da Luhmann e Maturana. La nuova teoria dei sistemi ha dimostrato che un organismo è tale in quanto è un sistema aperto a uno scambio continuo con l’ambiente. Ma attenzione: dall’ambiente importa direttamente solo i materiali di base e le energie che la chiusura operativa del sistema metabolizza successivamente negli elementi costitutivi dell’organismo.  Non importa cioè le cellule e i “pezzi di ricambio” già strutturati, ma ciò che serve per metabolizzarli. Nel metabolizzarli imprime la propria organizzazione e la propria “forma” su di un materiale “estraneo”, ma in tal modo determina uno scarto fra la propria logica e quella dell’ambiente in cui vive.
Che cosa avviene per la persona? Relativamente all’ambiente in cui vive la persona, cioè i sistemi psichici e le funzioni, vi è un processo analogo: la persona in base alla propria chiusura operativa metabolizza le funzioni psichiche in atti. Per precisare meglio la situazione riferisco l’atto esclusivamente alla persona: un Io psichico non può eseguire atti, ma solo azioni e funzioni. Ma qui emerge un paradosso in quanto se la persona è in grado di distinguersi dal proprio ambiente  psichico in base alla propria chiusura, in modo analogo all’organismo, è anche vero che non è in tale operazione che la persona costituisce la propria identità, come invece avviene nell’organismo. La persona costituisce la propria identità nell’esecuzione dell’atto, ma l’esecuzione dell’atto non è più finalizzata a riprodurre la distinzione con l’ambiente ma a determinare un processo di tras-formazione della persona stessa in senso compartecipativo, attraverso cioè l’esemplarità altrui. In tal senso vi è chiusura operativa solo nei confronti dei sistemi psichici, ma non degli altri sistemi personali, il motivo risiede nella natura stessa dell’atto: l’atto viene infatti co-eseguito in quanto, a differenza dell’azione psichica, avviene sempre sulla base di una apertura intenzionale all’alterità sulla base di una esemplarità che ha la capacità di rettificare nel senso della Um-bildung, cioè del dar forma alla propria anima promuovendo la seconda nascita.
L’idea è quella di connettere l’ontologia della persona al concetto di ri-nascita come autotrascendenza (Selbsttranszendenz). La rinascita avviene attraverso la co-esecuzione dell’atto: l’atto è un passo, un tassello nel processo di costituzione dell’identità personale.  In tal modo la persona nasce una prima volta metabolizzando funzioni psichiche in atti e distinguendosi dall’Io, ma nasce una seconda volta nella misura in cui co-esegue gli atti metabolizzati. Nel primo caso l’atto è il punto di arrivo, nel secondo è il punto di partenza.

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martedì 24 gennaio 2012

Max Scheler: vita, opera, biografia, pensiero






Max Scheler (1874-1928) è stato uno dei filosofi più segretamente influenti del Novecento. Trascinato da uno spirito perennemente irrequieto e tormentato, ben rappresentato dal famoso ritratto di Otto Dix del 1926, riuscì ad aprire nuove prospettive in tutti i molteplici ambiti a cui si rivolse: la fenomenologia delle emozioni, l’etica materiale dei valori, la filosofia della religione, la metafisica, la sociologia del sapere, l’antropologia filosofica. Oggi c’è la possibilità di leggere le sue opere – da Il risentimento nell’edificazione delle morali (1912) al Formalismo nell’etica e l’etica materiale dei valori (1913-1916), da Essenza e forme della simpatia (1922) a La posizione dell’uomo nel cosmo (1928) – andando “con Scheler oltre Scheler stesso”, al di fuori e oltre quelle mode e contrapposizioni che hanno caratterizzato il secolo scorso.
Max Scheler sorprende perché non scrive un testo che parla e celebra se stesso: le sue pagine sono dirette alle strutture dell’esperienza, all’ordine razionale e alla grammatica della sfera affettiva. Per comprenderle il lettore è costretto ad attivare più del solito i propri vissuti personali, perché è ad essi che le sue pagine, attraverso “fili invisibili”, 
si rivolgono. (Dalla copertina di: G. Cusinato (a cura di), Max Scheler. Esistenza della persona e radicalizzazione della fenomenologia, Milano 2007)


Da Ordo amoris:

Chi ha l’ordo amoris di un uomo ha l’uomo stesso. Ha per l’uomo inteso come soggetto morale ciò che è la formula di cristallizzazione per il cristallo. Scruta l’uomo fino al punto limite a cui può arrivare chi voglia scrutare l’uomo. Vede davanti a sé le linee fondamentali del suo cuore, che compiono il loro percorso restando costantemente al di là di ogni diversità e di ogni complessità di carattere empirico; è il cuore infatti che più del conoscere e del volere merita di essere definito come nucleo dell’uomo inteso quale essere spirituale. Chi ha l’ordo amoris di un uomo possiede in uno schema spirituale la fonte originaria che segretamente alimenta tutto ciò che da quest’uomo proviene; ancor di più: possiede l’elemento originario che determina tutto quello che continuamente appresta a prodursi attorno a lui – ciò che nello spazio determina il suo ambiente morale, ciò che nel tempo determina il suodestino, ossia l’insieme di tutto ciò che a lui e solo a lui può accadere. Poiché già il semplice fatto che l’uomo attribuisca il valore di stimolo, in base alla modalità e all’intensità d quest’ultimo, a una qualche attività della natura che non dipende da lui ma che ha effetto su di lui, non può avvenire senza la partecipazione del suoordo amoris.



Sul concetto di valore cfr. VALORE

1. Biografia di Max Scheler (1874-1928)

1874 Max Scheler nasce a Monaco il 22 Agosto da Gottlieb Scheler originariamente di religione protestante e Sofie Fürther di stretta osservanza ebraica, donna giovane e piena di fascino ma tirannica. Il padre Gottlieb prima di sposare Sofie aderì alla religione ebraica. Max Scheler stesso riceve un’educazione conforme a tutti i canoni della fede ebraica sotto la severa guida dello zio materno, ebreo ortodosso di famiglia molto benestante.
1887 Nascita della sorella Hermine.
1888 In contrasto con la madre comincia a dimostrare profondo interesse per la fede cattolica.
1892 Si appassiona alla lettura di Nietzsche.
1894 Durante il viaggio premio per il superamento della maturità liceale Scheler conosce e si mette assieme a Amèlie von Dewitz-Krebs. Questa, di sette anni più grande e con una bambina, viveva a Berlino ormai da tempo separata dal marito, medico morfinomane. Si iscrive a medicina all’Università di Monaco.
1895 Si trasferisce a Berlino dove inizialmente prosegue gli studi di medicina ma poi abbandona il progetto di diventare medico e si iscrive a filosofia. Frequenta le lezioni di Dilthey e Simmel.
1896 Si trasferisce a Jena per seguire Rudolf Eucken, interessato al problema del mondo dello spirito.
1897 Consegue il dottorato in filosofia a Jena presso Rudolf Eucken. I suoi punti di riferimento, oltre a Eucken, sono i neokantiani W. Windelband e H. Cohen. Husserl viene invece spesso criticato. Non è quindi corretto affermare che Scheler fu un allievo di Husserl: come noterà Scheler stesso, casomai fu Brentano a giocare un ruolo determinante nella sua formazione giovanile.
1899 Porta a compimento la sua conversione al cattolicesimo e riceve il battesimo. Sposa con rito religioso Amèlie von Dewitz-Krebs e consegue l’abilitazione all’insegnamento universitario.
1900 Inizia l’insegnamento all’Università di Jena.
1901 Si appassiona alla lettura di Bergson, con cui negli anni successivi manterrà un contatto epistolare.
1902 Primo incontro personale con Husserl a Halle con cui inizia un'attività di collaborazione all'interno del movimento della fenomenologia tedesca.
1903 Grave crisi depressiva in seguito al suicidio della sorella minore Hermine, causato dai contrasti con la madre.
1905 Nascita del figlio Wolfgang Heinrich, che alla fine degli anni Trenta verrà ucciso dai nazisti nel campo di concentramento di Oranienburg.
1906 In seguito a uno scandalo provocato dalla gelosie della moglie – che prima prende a schiaffi, durante un ricevimento all’Università di Jena, la vedova dell’editore Diederichs (presso cui Scheler stava facendo pubblicare le prime traduzioni di Bergson in tedesco) e poi, durante un viaggio a Berlino, minaccia con una pistola la moglie del professor Rudolf Euckens – viene licenziato dall’Università di Jena. Solo grazie al diretto intervento di Husserl riesce a trovare un posto all’Università di Monaco. Ritira dalle stampe un libro di 300 pagine, Logik I, in cui da posizioni neokantiane esprimeva critiche molto dirette a Husserl. Il ritiro di questo libro segna anche il tentativo di radicalizzare l'originale progetto di una riforma dell'apriori kantiano andando oltre il neokantismo stesso e con una attenzione particolare a autori come Dilthey e Simmel (il risultato di questo tentativo è il Formalismus).
1907 Viene invitato sempre più frequentemente da Dietrich von Hildebrand a tenere conferenze al Circolo fenomenologico di Monaco, di cui fanno parte anche A. Pfänder, M. Geiger, J. Daubert.
1908 Si separa di fatto dalla moglie. Le sue lezioni sono frequentate anche da Märit Furtwängler, allora giovanissima fidanzata di Dietrich von Hildebrand e sorella di Wilhelm Furtwängler.



                                                               Il direttore d'orchestra Wilhelm Furtwängler


1909 Scheler e Märit esprimono l'intenzione di sposarsi (cfr. W. Mader, Scheler, Hamburg 1980, 42).
1910 Su ispirazione della moglie e della suocera un giornale scandalistico pubblica la notizia che Scheler ha fatto passare nei registri di un albergo una sua allieva per sua moglie. In seguito a un'inchiesta dell'Università di Monaco viene licenziato e gli viene revocata l'abilitazione all'insegnamento universitario con il conseguente divieto di tenere lezioni in aule universitarie. Si trasferisce a Göttingen dove rimane in contatto con Husserl. I suoi seminari privati sono seguiti con molto interesse anche da E. Stein, R. Ingarten, e A. Koyré.




1911 "Circolo di Gottinga", da sinistra a destra: Reinach, Neumann, Lipps, Scheler, Koyre, Hering, Ms. Martius, Hamburger, Conrad, Huebener, v. Sybel, Clemens.

1912 Ottiene l’annullamento del primo matrimonio e sposa con rito religioso la sua allieva Märit Furtwängler. Avrà un ruolo importante nella conversione al cattolicesimo dello stesso Dietrich von Hildebrand, di Edith Stein e Peter Wust (Cfr. W. Mader, Scheler, Hamburg 1980, 46). Esce la prima versione del saggio Sul risentimento, in cui le posizioni di Nietzsche verranno rielaborate e ripensate in un'ottica cristiana, motivo per cui il sociologo Ernst Troeltsch lo definì il "Nietzsche cattolico".



1913 Con l'uscita del saggio Sulla riabilitazione delle virtù e la prima parte del Formalismo nell'etica e l'etica materiale dei valori assume improvvisamente un ruolo di primo piano nel panorama filosofico internazionale. Dal 1913 al 1927 (data dell'uscita di Essere e tempo) viene considerato il più importante filosofo tedesco. Propone un'etica basata sulla riabilitazione delle virtù in cui procede a un radicale ripensamento del concetto di valore. Afferma che la recezione dei valori precede e orienta la percezione (priorità della Wertnehmung sullaWahrnehmung) e non è mediata dall'intelletto, cioè non avviene né attraverso un'intuizione sensibile né attraverso un'intuizione intellettuale. In questa fase, ancora influenzato dalla terminologia husserliana, sembra proporre la tesi di una "intuizione emozionale dei valori", ma che si tratti di un'espressione ambigua è dimostrato dal fatto che Scheler aveva dato grande rilievo ai vari fenomeni di distorsione e illusionismo etico (influenzato anche dalle teorie sulle illusioni percettive diffuse dai rappresentati della Gestaltpsychologie) alla base ad es. del fenomeno del risentimento. La recezione del valore e delle differenze di valore, lungi dall'essere husserlianamente apodittica, richiede un complesso percorso ermeneutico di affinamento formativo (Bildung) e risulta praticamente inesauribile. Progressivamente il concetto husserliano di evidenza si risolverà in quello di Selbstgegebenheit. La lotta al relativismo e la riaffermazione dell'oggettività del valore e della gerarchia dei valori non viene guadagnata in Scheler attraverso l'apoditticità (il che condurrebbe immediatamente alla "tirannia dei valori") ma attraverso la scoperta dell'ordo amoris: ogni persona prendendo posizione in modo diverso nei confronti dell'unica e assoluta gerarchia dei valori esprime il proprio punto di vista ontologico. Scheler cerca di superare il relativismo e l'assolutismo citando la leggenda indiana secondo cui a un gruppo di saggi ciechi venne chiesto come era fatto un elefante: ognuno di essi diede una risposta diversa a seconda della parte dell'elefante che aveva toccato. Questo però significa anche che, almeno nei valori personali, non c'è un'intuizione apodittica del valore assoluto (l'elefante), ma che questa va ricostruita in un processo ermeneutico infinito di confronto solidaristico fra gli interpretanti.
Anche una distinzione troppo rigida fra valore e bene può condurre a notevoli aporie: percepisco empiricamente solo il bene, cioè il portatore di valore, mentre il valore assoluto si sottrae all'esperienza e diventerebbe l'oggetto di una pura intuizione intellettuale.
Proprio in quanto oggetto intenzionale il valore rimane indipendente dall'atto che lo coglie. E' qui presupposta una messa in discussione delle tradizionali concezioni del valore: sia quella che lo identifica con il bene (per questo criticare l'etica dei beni, come fa Kant, non giustifica l’astrazione dal valore che si manifesta nel bene stesso), sia quella che lo identifica con il fine (l’etica dei fini misconosce il fatto che i fini in quanto tali non sono mai né buoni né cattivi). Il valore non è neppure un attributo ma viene definito da Scheler come "erster Bote" primo messaggero del fenomeno. Fa parte dell'esperienza e del piano empirico, ma non nel senso di una qualità colta sul piano della fattualità: non è parte della datità contingente (questo è il portatore del valore, il bene, ma non il valore), bensì un protofenomeno (Urphänomen), cioè una forza che permette al fenomeno di orientarsi verso la propria espressione e manifestazione. Le differenze fra le varie classi di valori possono quindi essere interpretate sulla base della qualità di tale orientamento. In definitiva il valore potrebbe essere interpretato come un "diaframma" capace di regolare l'apertura verso l'esperienza: più alto è il valore maggiore sarà l'ampiezza di tale apertura e la capacità di incidere nel processo di costituzione dell'identità. Il momento etico non deriva allora dalla scelta di un determinato bene o di un fine in sé, scelta che spesso ha un carattere meramente soggettivo e relativo, ma dal scegliere il bene o il fine che permette l'apertura maggiore. La valenza etica è positiva se riesco a rapportarmi al valore più alto, negativa se mi adagio costantemente su quello più basso. Altro momento decisivo è quello dell'esemplarità (Vorbild): la più grande forza di trasformazione nel processo di costituzione dell'identità personale è l'esemplarità dell'altro: i valori più alti sono anche quelli in cui maggiore è il grado di compartecipazione.
1914 Sostiene attivamente l'entrata in guerra della Germania, ma già dopo i primi mesi di guerra compie una profonda autocritica.
1915 Si trasferisce a Berlino dove stringe amicizia con Martin Buber e Werner Sombart.
1916 Conquistato dalla figura di papa Benedetto XV (fin dall'inizio avverso ai vari nazionalismi e critico nei confronti della guerra, che definerà «suicidio dell'Europa civile»), decide di impegnarsi attivamente nell'associazionismo cattolico tedesco. Pubblica la seconda parte delFormalismo in cui sviluppa una fenomenologia della corporeità e una ontologia della persona incentrata sul concetto di co-esecuzione dell'atto.
1917 Uscita del saggio Pentimento e rinascita. In Essenza della filosofia esplicita una riduzione fenomenologicaincentrata sul concetto platonico di meraviglia e cristiano di umiltà. La riduzione non è come, inizialmente in Husserl, un metodo conoscitivo, ma una tecnica concreta di trasformazione del proprio modo di vivere.
1918 Fine della guerra e scoppio della rivoluzione in Germania. A novembre dimissioni del Kaiser e proclamazione della Repubblica. In questo clima di profondo disorientamento Scheler diventa inaspettatamente il brillante punto di riferimento culturale del mondo cattolico tedesco. Assieme all'influente politico cattolico Matthias Erzberger raccoglie l'invito di papa Benedetto XV volto a sanare le ferite provocate dalla guerra che dividevano ancora i vari circoli cattolici europei e s'impegna in un'intensa attività diplomatica come rappresentante del nuovo governo tedesco.
1919 Viene riabilitato all'insegnamento, ottiene la cattedra di filosofia e nominato direttore dell'Istituto di filosofia dell'Università di Colonia. Propone un cattolicesimo di ispirazione liberale aperto al confronto ecumenico e critico nei confronti del nazionalismo, ma impegnato contemporaneamente a riaffermare la centralità dei valori contro ogni forma direlativismo etico.
1921 S'impegna attivamente per una rinascita della filosofia cattolica in Europa all'insegna del concetto di "pentimento" e pubblica l’Eterno nell’uomo, che tuttavia viene accolto nel mondo cattolico tedesco con recensioni piuttosto critiche. Il suo amico Matthias Erberger, ministro delle finanze e leader della sinistra del partito cattolico, viene progressivamente emarginato dal partito del Centro cattolico, costretto alle dimissioni da ministro e successivamente assassinato da estremisti di destra.



1922 Il suo amico Walther Rathenau (famoso intellettuale ebreo, dapprima industriale di punta della Germania prebellica e presidente della AEG e dopo la guerra ministro degli esteri della Repubblica di Weimar) venne assassinato da estremisti di destra subito dopo la firma delTrattato di Rapallo con l'Unione sovietica. Questi due lutti segnano il tramonto del progetto riformatore di Scheler e il suo isolamento dal mondo politico. Inoltre la svolta impressa da papa Pio XI nei confronti di Benedetto XV, a cui era molto legato, lo allontana ulteriormente dalla chiesa cattolica. Rimane conquistato da Schelling e dal libro di Harnack su Marcione. Pubblica Essenza e forme della simpatia. In questo testo Scheler precisa che l’atto dell’amare non è mai astrattamente rivolto a un valore, ad es. alla bellezza, al bene o alla giustizia in sé, ma sempre e soltanto alla singola persona concreta che incarna quel valore (la persona è la portatrice del valore). Inoltre che non amiamo una determinata persona per le sue caratteristiche fattuali che ci sono date oggettivamente come presenti ma per quel particolare sforzo esistenziale di realizzarsi che caratterizza la sua individualità unica e irripetibile. È questo nucleo dinamico e creativo, da cui scaturiscono gli atti e le qualità della persona stessa, ma che rimane rispetto a questi perennemente inesauribile, che viene amato. Questo non impedisce che nell’atto dell’amare possiamo co-eseguire tale sforzo esistenziale riuscendo magari a cogliere prima e meglio dell'amato le possibilità di realizzazione più alte. Ne risulta che l’atto dell’amare ha essenzialmente un carattere solidaristico nel senso che ciascuno è responsabile non solo nei confronti di sé stesso, ma anche nei confronti della realizzazione di chi ama. Vi è anzi una corresponsabilità metafisica di ciascuno nei confronti della co-realizzazione di tutti gli altri, tanto che, secondo Scheler, perfino il malvaglio è tale in conseguenza del fatto di non essere stato amato nel suo nucleo essenziale.
1923 L'allontanamento dalla chiesa cattolica diventa ufficiale. Divorzio da Märit Furtwängler, con cui tuttavia manterrà frequenti contatti per tutto il resto della vita. Stringe amicizia con Berdjaev (di passaggio a Berlino fra il 1922 e il 1924), Wertheimer, Viktor von Weizsäcker, F. J. J. Buytendijk.

1924 Sposa la sua allieva Maria Scheu. Pubblica Sociologia del sapere. Riesce a far chiamare all’Università di Colonia l’amico Nicolai Hartmann. Prime formulazioni esplicite della tesi dell'impotenza dello spirito (che tuttavia non implica l'impotenza di Dio). Distingue fra spirito e persona.





Max Scheler nel 1924 con la moglie Maria Scheu in viaggio verso l'Italia


1925 In seguito al divorzio, gravi contrasti con l’università di Colonia, che gli nega fondi per la ricerca e il permesso di tenere un ciclo di conferenze in Giappone e negli Stati Uniti. Cerca invano di ottenere il trasferimento all'Università di Francoforte. Le sue lezioni sull’antropologia filosofica sono seguite con molto interesse da Plessner e Gehlen.


1926 Pubblica Conoscenza e lavoro in cui si confronta con il pragmatismo americano. Vari scritti e conferenze sulla situazione politica della Repubblica di Weimar in cui propone un radicale rinnovamento della vecchia classe dirigente e indica alla Germania la strada del confronto. Nuove decise critiche alle teorie razziste e alle tendenze dittatoriali di destra e di sinistra. Peggioramento delle condizioni di salute.




1927 Esce su di una rivista La posizione dell’uomo nel cosmo. Nella conferenza sull'Ausgleichdenuncia delle derive populistiche di una democrazia incapace di affrontare il problema della formazione dell'opinione pubblica e delle nuove elites. Sviluppa una metafisica che, sulla scia dell'ultimo Schelling, concepisce la realtà, dall'orbita di un elettrone all'uomo, come una compenetrazione fra Geist e Drang a diversi livelli di complessità corrispondenti alla gerarchia dei valori e caratterizzati da un crescente grado di apertura al mondo. Tale prospettiva è stata prevalentemente interpretata, a partire da Cassirer, nel senso di un dualismo sostanziale in cui lo spirito si contrappone ostilmente alla vita (per una critica a questa interpretazione cfr. dualismo). Propone in alternativa all'Übermensch di Nietzsche il concetto di Allmensch.





                                      
Diverse accese discussioni con Heidegger, invitato a casa sua a Colonia. Il rilievo mosso aEssere e Tempo, di cui è comunque il primo a riconoscere la grandezza, come testimonia lo stesso Heidegger, è quello di mantenere una impostazione solipsistica ancora troppo legata al mito dell'autoprogettualità del soggetto autartico e incapace di porsi in ascolto del mondo nel senso della Weltoffenheit. Per Scheler al contrario la formazione del sé (Selbstbildung) può avvenire solo attraverso una presa di distanza critica dal sé (Selbsttranszendenz) resa possibile dalla forza dell'esemplarità (Vorbild) dell'altro. Critica anche l'impersonalità delDasein.
Relativamente al saggio sull'Ausgleich desta una certa perplessità la sua adesione nel 1927 all'eugenetica di Eugen Fischer (cfr. Formare l'uomo, 127), anche tenendo presente una nota aggiunta a "Pudore e sentimento del pudore" in cui invece condanna l'eugenetica come razzismo: "è assurdo il metodo suggerito dai nostri politici eugenetici e razzisti, di sostituire la forza dell'amare, elettiva di valori, con un accoppiamento artificiale dei sessi, realizzato secondo le leggi scientifiche dell'ereditarietà" (X, 85; tr. it. 42). Problematica è in ogni caso la tesi secondo cui le diverse razze sono caratterizzate anche in senso psicologico.





1928 Ottiene il trasferimento all’Università di Francoforte. Esce in edizione separata La posizione dell’uomo nel cosmo e Idealismo-Realismo. Critica il teismo della creatio ex nihilo e la metafisica del nous poietikos, a cui contrappone la tesi del Dio diveniente basato sulla creatio continua e la teoria delle ideae cum rebus, espressione probabilmente ripresa da William James.
Muore per infarto, in circostanze poco chiare, il 19 maggio a Francoforte. Poco dopo nasce il figlio Max Georg Scheler




Il secondo figlio di Max Scheler diventerà uno dei più famosi fotografi tedeschi del dopoguerra.


1929 Esce il testo della conferenza L’uomo nell’epoca dell’armonizzazione. Maria Scheler invia a Heidegger una importante raccolta di opere postume del marito, inclusi scritti fondamentali come Ordo amoris.
1933 Di fronte al persistente rifiuto di Heidegger di sostenere in qualche modo la pubblicazione della raccolta di scritti postumi, Maria Scheler è costretta a stamparli a proprie spese. Sulla vicenda esiste un vivace scambio epistolare fra Maria Scheler e Heidegger nell'archivio della Stabi di München, in cui Heidegger alla richiesta di Maria Scheler di scrivere una "Prefazione" a questa raccolta prima le chiede una presa di posizione positiva nei confronti del nazismo, che Maria Scheler si rifiuta di fare, e poi rinuncia, affermando che Scheler non ha bisogno di "Presentazioni". Successivamente il nazismo vieterà la pubblicazione o ristampa di altre opere di Scheler, che era pur sempre di madre ebrea.
1944-45 Parte del Nachlaß di Scheler rimane distrutto in un bombardamento.
1954 Maria Scheler inizia la pubblicazione dei Gesammelte Werke di Scheler in un clima di completa emarginazione dal mondo accademico tedesco. In particolare Heidegger e Gadamer sosterranno che un Nachlaß di Max Scheler non esiste. Negli anni Settanta Gadamer rettificherà questa opinione.
1969 Morte di Maria Scheler, trasferimento del Nachlass di Scheler alla Staatsbibliothek di Monaco. M. Frings è costretto a proseguire negli Stati Uniti l’edizione dei Gesammelte Werkesenza alcun finanziamento dal mondo accademico tedesco. Nonostante tutti i meriti, l'edizione di Frings non ha la pretesa di essere un'edizione critica, e presenta, specialmente per l'edizione del Nachlaß, diversi limiti.
1993 Su iniziativa di M. Frings, del figlio di Max Scheler e questa volta con l’appoggio del mondo accademico tedesco viene fondata a Colonia la Max-Scheler-Gesellschaft.
2008 Morte di Manfred Frings, indiscusso punto di riferimento per gli studiosi di Max Scheler.


2. Bibliografia di Max Scheler

2.1. Opere di Max Scheler

L’edizione dei GW di Scheler è stata curata fino al 1969 da Maria Scheler e successivamente, fino al 1997, da Manfred S. Frings. Inizialmente sono apparsi presso l’editore Francke di Bern/München, e poi dal 1986 presso l’editore Bouvier di Bonn. Questo l’elenco dei principali testi compresi nei XV volumi. Fra parentesi quadre ho segnalato i principali lavori che sono stati tradotti in italiano:
GW I: Frühe Schriften: Beiträge zur Feststellung der Beziehungen zwischen den logischen und ethischen Prinzipien (1899); Arbeit und Ethik (1899); Die transzendentale und die psychologische Methode (1900, II ed. 1922). [Tr. it:Lavoro ed etica, a cura di D. Verducci, Roma 1977; Etica. Una rassegna critica dell’etica contemporanea, a cura di G. Mancuso, Milano 2003].
GW II: Der Formalismus in der Ethik und die materiale Wertethik (1913/16; III ed. 1927). [Tr. it.: Il formalismo nell’etica e l’etica materiale dei valori, a cura di G. Caronello, Torino 1996].
GW III: Vom Umsturz der Werte. Abhandlungen und Aufsätze: Zur Rehabilitierung der Tugend (1913); Das Ressentiment im Aufbau der Moralen (1912); Zum Phänomen des Tragischen (1914); Zur Idee des Menschen (1914); Die Idole der Selbsterkenntnis (1912); Versuche einer Philosophie des Lebens (1913); Der Bourgeois (1914). [Tr. parziale in: La crisi dei valori, a cura di A. Banfi, Milano 1936; Il risentimento nell’edificazio-ne delle morali, a cura di A. Pupi, Milano 1975; Gli idoli della conoscenza di sè e Riabilitare la virtù sono compresi in: Il valore della vita emotiva, a cura di L. Boella, Milano 1999; Il borghese è tradotto in: Lo spirito del capitalismo, a cura di R. Racinaro, Napoli 1988; Il fenomeno del tragico, Tentativi per una filosofia della vita e Sull’idea dell’uomo sono compresi in: La posizione dell’uomo nel cosmo, a cura di R. Padellaro (poi ripresa con una introd. di M. T. Pansera, Roma 1997)]
GW IV: Politisch-pädagogische Schriften: Der Genius des Krieges und der Deutsche Krieg (1915); Europa und der Krieg (1915); Der Krieg als Gesamterlebnis (1916); Die Ursachen des Deutschenhasses (1917); Soziologische Neuorientierung und die Aufgabe der deutschen Katholiken nach dem Kriege (1916); Innere Widersprüche der deutschen Universitäten (1919); Politik und Kultur auf dem Boden der neuen Ordnung (1919); Deutschlands Sendung und der katholische Gedanke (1918).
GW V: Vom Ewigen im Menschen: Reue und Wiedergeburt (1917); Vom Wesen der Philosophie und der moralischen Bedingung des philosophischen Erkennens (1917); Probleme der Religion (1921); Die christliche Liebesidee und die gegenwärtige Welt (1917); Vom kulturellen Wiederauf-bau Europas (1918). [Tr. it., L’eterno nell’uomo, a cura di U. Pellegrino, Roma 1991].
GW VI: Schriften zur Soziologie und Weltanschauungslehre: Moralia (1923); Nation und Weltanschauung (1923); Christentum und Gesellschaft (1924). [tr. parziale in: Lo spirito del capitalismo, a cura di R. Racinaro, Napoli 1988;Amore e conoscenza, a cura di L. Pesante, Padova 1967].
GW VII: Wesen und Formen der Sympathie (1922); Die deutsche Philosophie der Gegenwart. [Tr. it.: Essenza e forme della simpatia, tr. di L. Pusci con una introd. di G. Morra, Roma 1980].
GW VIII: Die Wissensformen und die Gesellschaft (1926): Probleme einer Soziologie des Wissens (1926); Erkenntnis und Arbeit (1926); Universität und Volkshochschule (1921). [Tr. it:Sociologia del sapere, tr. di D. Antiseri con una introd. di G. Morra Roma 1977; Conoscenza e lavoro, a cura di L. Allodi Milano 1997].
GW IX: Späte SchriftenDie Stellung des Menschen im Kosmos (qui nella versione rimaneggiata da Maria Scheler nel 1947); Philosophische Weltanschauung (1929); Idealismus-Realismus (1928). [Tr. it.: La posizione dell’uomo nel cosmo, a cura di R. Padellaro (poi ripresa con una introd. di M. T. Pansera, Roma 1997); Lo spirito del capitalismo, a cura di R. Racinaro, Napoli 1988; Idealismo-Realismo, a cura di F. Bosio, Napoli 1995; Formare l’uomo, a cura di G. Mancuso, Milano 2009].
GW X: Schriften aus dem Nachlaß, Bd. 1: Zur Ethik und Erkenntnislehre: Tod und Fortleben (1911-14); Über Scham und Schamgefühl (1913); Zur Phänomenologie und Metaphysik der Freiheit (1912-14); Absolutsphäre und Realsetzung der Gottesidee (1915-16); Vorbilder und Führer (1911-12); Ordo Amoris (1914-16); Phänomenologie und Erkenntnistheorie (1913-14); Lehre von den drei Tatsachen (1911-12). [Tr. it.: Pudore e sentimento del pudore, a cura di A. Lambertino, Napoli 1979; Ordo amoris, a cura di V. d’Anna, Bologna 2007; a cura di E. Simonotti, Brescia 2007].
GW XI: Schriften aus dem Nachlaß, Bd. 2: Erkenntnislehre und Metaphysik.
GW XII: Schriften aus dem Nachlaß, Bd. 3: Philosophische Anthropologie.
GW XIII: Schriften aus dem Nachlaß, Bd. 4: Philosophie und Geschichte: Politik und Moral; Die Idee des ewigen Friedens (1926-28); Grund-lagen der Geschichtswissenschaft (1909). [Tr. it.: L’idea di pace e il pacifismo, tr. it. di L. Allodi (Milano 1995)]
GW XIVSchriften aus dem Nachlaß, Bd. 5: Varia I: Logik I (1905-06); Biologievorlesung (1908/09); Vorlesung Sozialphilosophie (1921/22).
GW XV: Schriften aus dem Nachlaß, Bd. 6: Varia II: Vorlesung All-gemeine Psychologie (1922), Vorlesung Philosophie des 19. Jahrhunderts (1920), e manoscritti vari.
Nei GW non sono compresi:
Zur Phänomenologie und Theorie der Sympathiegefüle und von Liebe und Haß, Halle 1913 (poi rielaborato e ampliato nel 1923 nel famoso Wesen und Formen der Sympathie) [Tr. it. Amore e odio, a cura di A. Zhok, Milano 1993].
Die Stellung des Menschen im Kosmos, Darmstadt 1928 [Tr. it. La posizione dell’uomo nel cosmo, a cura di G. Cusinato, Milano 2000, V ed. 2009].
Nuove traduzioni presso FrancoAngeli e Bompiani
Dal 2009 sono disponibili nuove traduzioni delle opere di Scheler in lingua italiana, affidate a qualificati studiosi del filosofo. Presso la collana "Etica e filosofia della persona" della FrancoAngeli sono già usciti La posizione dell'uomo nel cosmo e Formare l'uomo(comprendente Philosophische Weltanschauung, GW IX, 73-171) ed è in corso di stampaIl risentimento. Invece Il Formalismo e l'Eterno nell'uomo sono in corso di stampa presso Bompiani con testo tedesco a fronte.

2.2. Pubblicazioni su Max Scheler


2.2.1. Repertori bibliografici
Un’accurata bibliografia su Scheler dal 1917 al 1994 è rintracciabile nella tr. it. delFormalismo a cura di G. Caronello, cit., pp. 124-167.

2.2.2. Le principali monografie su Max Scheler:

M. Amori, Forme dell'esperienza e persona. La filosofia di Scheler dai primi scritti alFormalismus, Catanzaro 2010


M. Arndt, Weltenfülle und Verstrickung im Werk Max Schelers. Der Geist auf der Grenze zwischen West und Ost, Hamburg 1999.

M. D. Barber, Guardian of dialogue. Max Scheler's phenomenology, sociology of knowledge, and philosophy of love, London 1993.

F. Bosio, Invito al pensiero di Scheler, Milano 1995

Id., Filosofia e scienza della natura nel pensiero di Max Scheler, Padova 2000.

M. Bracht, Voraussetzungen einer Soziologie des Wissens berarb. am Beisp. Max Scheler,Tübingen 1974

B. Brenk, Metaphysik des einen und absoluten Sein, Mesenheim 1975
-Id. Guida alla lettura di La posizione dell'uomo nel cosmo, Milano 2000, V ed. 2009.
-Id., Scheler. Il Dio in divenire, Padova 2002.
W. Cremer, Person und Technik. Die phänomenologische Deutung der Technik in der Philosophie Max Schelers, Idstein 1991.
H. Dahm, Vladimir Solov''ev und Max Scheler, München 1953.
V. d’Anna, Max Scheler. Fenomenologia e spirito del capitalismo, Roma 2006.
A. Deeken, Process and Permanence in Ethics, New York 1974.
G. De Simone, L'amore fa vedere, Milano 2005.
D. Deiningeer, Die Theorie der Werterfahrung und der Begriff der Teilhabe in der Philosophie Schelers, Frankfurt am Main 1966
M. Dupy, La philosophie de Max Scheler. Son évolution et son unité, 2 voll. Paris 1959.
G. Ferretti, Max Scheler. Fenomenologia e antropologia personalistica (I volume); Filosofia della religione (II volume), Milano 1972.
V. Filippone-Thaulero, Società e cultura nel pensiero di Max Scheler, 2 voll., Milano 1964-1969.
M. Frings, Max Scheler. A Coincise Introduction to the Word of a Great Thinker, Pittsburg-Louvain 1965.
-Id., Person und Dasein. Zur Frage der Ontologie des Wertseins, Den Haag 1969.
-Id., The Mind of Max Scheler, Univ. Press 1997
-Id. Lifetime. Max Scheler's Philosophie of Time, Boston 2003.
M. Gabel, Intentionalität der Geist, Leipzig 1991.
P. Good, Max Scheler. Eine Einführung, Dusseldorf 1998.
W. Henckmann, Max Scheler, München 1998.
F. Hammer, Theonome Anthtopologie? Max Schelers Menschenbild und seine Grenzen, Den Haag 1972.
E. Kelly, Max Scheler. Structure and Diversity: Studies in the Phenomenological Philosophy of Max Scheler, Dordrecht/Boston/London 1997.
K. Kathack, Zur Krisis der Erfurcht, Berlin-Hannover 1948.
Liu, Xiaofeng, Personwerdung: eine theologische Untersuchung zu Max Schelers Phänomenologie der "Person-Gefühle" mit besonderer Berücksichtigung seiner Kritik an derModerne, Bern 1996.
A. Lambertino, Max Scheler. Fondazione fenomenologica dell’etica dei valori, Firenze 1996 (I ed. 1977).
H. Leonary, Liebe und Person. Den Haag 1976.
Lorscheid B., Das Leibphänomen Schelers. Wesenontologie des Leiblichen, Bonn 1957.
A. R. Luther, Persons in Love, The Hague 1972.
W. Mader, Scheler, Hamburg 1995 (II ed.).
G. Mancuso, Il giovane Scheler (1899-1906), Milano 2007.
M. A. Márquez, Derecho y valor. Una filosofia juridica fenomenologica, Madrid 2004.
M. Milchalski, Fremdwahrnehmung und Mitsein. Zur Grundlegung der Sozialphilosophie im Denken Max Schelers und Martin Heideggers, Bonn 1997.
G. Morra, Max Scheler. Una introduzione, Roma 1987
G. Pedroli, Max Scheler: dalla fenomenologia alla sociologia, Torino 1952.
E. W Ranly, Scheler's Phenomenology of Community, L'Aia 1966.
R. Racinaro, Il futuro della memoria, Napoli 1985.
E. Rothacker, Schelers Durchbruch in die Wirklichkeit, Bonn 1949.
B. Rutishauser, Max Schelers Phanomenologie des Fuhlens, Bern/München 1969.
M. Uchiyama, Das Wertwidrige in der Ethik Max Schelers, Bonn 1966.
G. Riconda, L'etica di Scheler, Torino 1972
P. H. Spader, Scheler’s Ethical Personalism, New York 2002.
A. Sander, Max Scheler zur Einführung, Hamburg 2001.
J. Schmuck, Homo religiosus. Die religiöse Frage in der Wissenssoziologie Max Schelers, München 1987.
St. F. Schneck Person and Polis. Max Scheler's Personalism as Political Theory, New York 1987.
E. Shimomissé, Die Phänomenologie und das Problem der Grundlegung der Ethik. An Hand des Versuchs von Max Scheler, Den Haag 1971.
V. Venier, Il gesto della trascendenza. Un’interpretazione di Max Scheler, Padova 2001.
D. Verducci, Il segmento mancante, Roma 2003
K. Wojtyla, Valutazioni sulla possibilità di costruire l’etica cristiana sulle basi del sistema di Max Scheler, in: Id.,Metafisica della persona, Milano 2003, 263-450. (Pubblicata originariamente nel 1960 come tesi di abilitazione).
A. Zohk, Intersoggettività e fondamento in Max Scheler, Firenze 1997
Raccolte di contributi:
Manfred S. Frings (Hg.), Max Scheler (1874-1928): centennial essays, The Hague 1974.


Paul Good (Hg.), Scheler im Gegenwartsgeschehen der Philosophie, Bern und München 1975.
Guido Cusinato (a cura di), Max Scheler. Esistenza della persona e radicalizzazione della fomenologia, Milano 2007. 
Un'ottima fonte sono gli atti dei vari convegni della Max Scheler-Gesellschaft:
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Ralf Becker, Christian Bermes, Heinz Leonardy (Hrsg.): Die Bildung der Gesellschaft. Schelers Sozialphilosophie im Kontext, Würzburg: Königshausen & Neumann, 2007
Aus dem Inhalt: W. Henckmann: Aspekte der Bildung der Gesellschaft R. Becker: Bildung und Form D. Rustemeyer: Arten, Kreise, Differenzen? I. Srubar: Max Scheler und die Wissensgesellschaft C. Matteus: Das Gesellschaftliche und das Menschliche R. Kühn: Gefühl, Wert und Kultur G. Fröhlich: Der Bürger und seine Bildung M.S. Frings: Max Scheler und die Psychopathologie des Terroristen E. Kelly: Bildung und Demokratie F. Fellmann: Daseinswelt, Arbeitswelt, Lebenswelt J. Fischer: Neue Theorie des Geistes P. Welsen: Die Formen des Wissens bei Scheler und Habermas E.W. Orth: Vielheit und Einheit des Wissens C. Böhr: Der Mensch und seine Arbeit
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Christian Bermes, Wolfhart Henckmann, Heinz Leonardy (Hrsg.): Solidarität. Person und Soziale Welt, Würzburg: Königshausen & Neumann, 2006.
Aus dem Inhalt: W. Henckmann: Bemerkungen zur Entwicklung des Solidaritätsproblems bei Max Scheler E.W. Orth: Der Mensch als Medienereignis M.S. Frings: Die Zeiterfahrung im Solidaritätserlebnis C. Böhr: Solidarität P. Welsen: Individualität und Sozialität bei Max Scheler R. Becker: Zweck und Wert J. Seifert: Max Schelers Denken über Frieden und Solidarität M. Nicoletti: Schelers Solidaritätsprinzip im Kontext einer politisch-theologischen Begriffsgeschichte M. Schloßberger: Ernst Troeltsch und Max Scheler G. Fröhlich: Die Welt der Person P.H. Spader: Scheler’s Moral Solidarity R.A. Mall: Schelers Religionsphilosophie
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Christian Bermes, Wolfhart Henckmann, Heinz Leonardy (Hrsg.): Vernunft und Gefühl. Schelers Phänomenologie des emotionalen Lebens, Würzburg: Königshausen & Neumann, 2003.
Aus dem Inhalt: W. Henckmann: Über Vernunft und Gefühl R. Bernet: Zur Phänomenologie von Lust und Scham M. Schloßberger: Das Mitgefühl als Gefühl M. Wallroth: Der Wert der Reue A. Sander: Normative und deskriptive Bedeutung des Ordo Amoris H. R. Sepp: Ego und Welt G. Cusinato: Eros und Agape bei Scheler P. H. Spader: The Logic of Feelings and the Primacy of the Heart E. Kelly: Zu Schelers Begriff der Philosophie J.-M. Palacios: Vorziehen und Wählen bei Scheler D. Verducci: Max Schelers Ontologie der Arbeit U. Lorenz: Schelers phänomenologische Psychologie im Horizont der philosophischen Psychologie des 19. Jahrhunderts S. Weiper: Achtung und Wertfühlen R. Gabás: Schelers Phänomenologie der Gefühle und der Begriff der Stimmung bei Heidegger O. Depré: Die phänomenologische Wertethik im Dienste einer ontologischen Grundlegung der Jonasschen Ethik? G. Caronello: Max Scheler und Carl Schmitt
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Christian Bermes, Wolfhart Henckmann, Heinz Leonardy (Hrsg.): Person und Wert. Schelers "Formalismus" - Perspektiven und Wirkungen, Freiburg i. Br.: Alber, 2000.
Aus dem Inhalt: W. Henckmann: Person und Wert R. Spaemann: Daseinsrelativität der Werte M. Gabel: Phänomenologische Rekonstruktion personaler Akte U. Ferrer: Identität und Relation im Begriff der Person H.R. Sepp: Max Schelers Begriff des Ethos R. Lachmann: Ethos ohne Ethik? C. Krijnen: Der 'Formalismus' in der materialen Wertethik C. Bermes: Geist und Leib J. Schaber: Max Schelers Augustinus-Rezeption P.H. Spader: Scheler's Ethics vs. the Ethics of Success E. Avé-Lallemant: Orientierungssuche im Zeitalter der Kulturkreise H. Leroux: La valeur européenne du formalisme E. Kelly: Vom Ursprung des Menschen bei Max Scheler M.S. Frings: Politik und Moral H. Maier: Die Grundwertedebatte in der Bundesrepublik Deutschland 1976-1999.
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Christian Bermes, Wolfhart Henckmann, Heinz Leonardy (Hrsg.): Denken des Ursprungs - Ursprung des Denkens. Schelers Philosophie und ihre Anfänge in Jena, Würzburg: Königshausen und Neumann, 1998.
Aus dem Inhalt: W. Henckmann: Die Anfänge von Schelers Philosophie in Jena J. Seifert: Schelers Denken des absoluten Ursprungs C. Bermes: 'Welt' als Ursprung und Maß des Denkens und Philosophierens M. Gabel: Die logischen und ethischen Prinzipien bei Scheler G. Cusinato: Methode oder Techne? B. Brujic: Ethos und geschichtlicher Werdeprozeß K.-M. Kodalle: 'Verzeihung' als Grundbegriff der Ethik P. H. Spader: Scheler's Crirticism of the Emptiness of Kant's formal Ethics I. Därmann: Die Unmöglichkeit der Gabe E. Kelly: Der Begriff des Schicksals im Denken Max Schelers P. Blosser: Scheler's Ordo Amoris L. Allodi: Max Scheler und die Kritik am Pragmatismus F. Bosio: Arbeitswelt und Geistwelt beim frühen Scheler
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Gerhart Pfafferott (Hrsg.): Vom Umsturz der Werte in der modernen Gesellschaft. Bonn: Bouvier, 1997.
Aus dem Inhalt: O. Pöggeler: Ressentiment und Tugend bei Scheler W. Henckmann: Schelers Begriff der Philosophie in der Zeit des 'Umsturzes der Werte' A. Sander: Askese und Weltbejahung A. Pigalev: Wertewandel. Phänomenologie der Liebe und die Frage nach dem fremden Ich G. Cusinato: Absolute Rangordnung und Relativität der Werte bei Scheler E. Avé-Lallemant: Die Lebenswerte in der Rangordnung der Werte G. Pfafferott: Präferenzwandel und sittliche Wertordnung M. Gabel: Das Heilige in Schelers Systematik der Wertrangordnung E. Kiss: Max Schelers 'Umsturz der Werte' als Kritik der europäischen Moderne F. Bosio: Das Motiv des Umsturzes der Werte A. Lambertino: Scheler und die psychoanalytische Freudsche Theorie A. Leroux: Fonction herméneutique de la notion d' 'Umsturz der Werte' en sociologie et en anthropologie G. Schneider: 'Vorbilder' in Max Schelers wertfundiertem Elitekonzept U. Melle: Schelersche Motive in Husserls Freiburger Ethik K.-H. Lembeck: 'Deutscher Weltberuf'? Natorps und Schelers Kriegsphilosophie A. Da Re: Die Tyrannei der Werte K.H. Nusser: Wissenschaft, Weltanschauung und Charisma bei Scheler und Weber F. Bianco: Die Gegebenheit der Werte P. Janssen: Fühlen/Erkennen - Werte/Sein E. W. Orth: Lebensformen und Werte B. Waldenfels: Wertqualitäten oder Erfahrungsansprüche? K. E. Kaehler: Selbsterkenntnis, Selbsttäuschung und das Subjektive der Werte C. Macann: Zu einer genetischen Ethik: Eine interpreatative Transformation von Schelers Wertethik
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Ernst Wolfgang Orth, Gerhart Pfafferott (Hrsg.): Studien zur Philosophie von Max Scheler, Freiburg i.Br.: Alber, 1994.
Aus dem Inhalt: H. von Alemann: Helmuth Plessner, Max Scheler und die Entstehung der philosophischen Anthropologie in Köln R. A. Mall: Schelers Idee einer werdenden Anthropologie und Geschichtsteleologie H. Leonardy: 'Es ist schwer, ein Mensch zu sein'. Zur Anthropologie des späten Scheler M. S. Frings: Capitalism and Ethics E. Avé-Lallemant: Die Aktualität von Schelers politischer Philosophie O. Pöggeler: Ausgleich und Anfang. Scheler und Heidegger M. Gabel: Ausgleich und Verzicht P. Janssen: Die Verwandlung der phänomenologischen Reduktion im Werke Schelers und das Realitätsproblem W. Henckmann: Der Systemanspruch in Max Schelers Philosophie A. Pintor Ramos: Schelers Einfluß auf das Denken der spanischsprachigen Welt H. Leroux: Sur quelques aspectes de la réception de Max Scheler en France