È con piacere e allo stesso tempo con un sentimento di riconoscenza che scrivo queste righe per presentare il libro di Guido Cusinato, Katharsis. La morte dell’ego e il divino come apertura al mondo nella prospettiva di Max Scheler.
Negli ultimi tempi il numero delle
pubblicazioni sulla filosofia di Max Scheler ha subito un sensibile incremento.
I lavori di M. D. Barber, Ph. Blosser, F. Bosio, G. Ferretti, V. Filippone, M.
Frings, M. Gabel, W. Henckmann, E. Kelly, A. Lambertino, G. Morra, R. Racinaro,
St. F. Schneck, Xiaaogeng Liu e di altri ancora, non meno importanti, hanno
promosso una crescente attenzione nei confronti di Max Scheler. A questi
studiosi si aggiunge ora Cusinato con un libro stimolante e decisamente
innovativo.
L’attuale ripresa di interesse nei
confronti di Max Scheler è stata favorita da due condizioni di fondo: a) Solo
in tempi recenti i volumi delle sue Gesammelte
Werke sono stati pubblicati con una successione più regolare e inoltre solo
quest’anno (dopo quarantatré anni di lavoro) la loro edizione è stata condotta
a termine; b) Tutta una serie di tendenze e di correnti filosofiche che avevano
incontrato ampi favori dopo la fine della seconda guerra mondiale hanno
cominciato a recedere dalle posizioni dominanti che avevano raggiunto in tutto
il mondo. L’interesse per l’esistenzialismo, la filosofia della scienza, la
filosofia analitica, lo strutturalismo, il decostruzionismo, per citarne solo
alcune, sembra diminuire mentre quello per Max Scheler si sta diffondendo
ulteriormente, anche se lentamente, non solo in Europa (specialmente in
Germania e in Italia), ma pure negli Stati Uniti, dove è già presente da una
trentina d’anni, e in Asia.
Non è semplice spiegare perché ci
sia stato questo graduale cambiamento del clima culturale. Nelle discipline
umanistiche ci si è spesso chiesti, senza trovare sempre una risposta, come mai
nell’arte, nella letteratura, nell’architettura, si verifichino a volte
improvvisi mutamenti di tendenza fino a rivedere giudizi positivi
precedentemente espressi. Certe opere d’arte appaiono così improvvisamente
obsolete. Chi oggi, fatta eccezione per una minoranza, si dedica alla
magnificenza della pittura medioevale? Oppure chi, tranne pochi, legge Milton?
Chi trova svago nell’architettura pre-rinascimentale? Qualcosa di simile
accadde con Scheler subito dopo la sua morte nel 1928, in un momento cioè in
cui era famoso in tutto il mondo. Nel suo caso però è sicuramente individuabile
per lo meno un fattore che contribuì non poco a questo cambiamento:
l’emarginazione forzata della sua filosofia da parte del regime nazista,
fattore che favorì invece altre correnti di pensiero.
Eppure, secondo le testimonianze
dei contemporanei, Scheler fu uno dei pensatori più fecondi per la formazione
della filosofia del XX secolo. Così Ortega y Gasset parla di lui come della
maggiore mente filosofica in Europa. Heidegger riconosce che tutti i maggiori
filosofi europei, incluso lui stesso, rimasero influenzati da Scheler. Sartre,
dopo aver letto la prima delle maggiori opere di Scheler, il Formalismo nell’etica e l’etica materiale
dei valori (1913-1916), osservò che per quanto concerne l’etica non rimane
altro da fare che «ricominciare tutto da capo».
Molti concetti centrali del
pensiero del nostro secolo, di solito associati a nomi di pensatori come
Heidegger, Husserl, Max Weber, Merleau-Ponty, ecc., possono essere rintracciati
nelle analisi di Max Scheler. Qui basti citare quello di «utilizzabilità» (Zuhandenheit) in Heidegger, o di «mondo
vitale» (Lebenswelt) in Husserl, il
concetto sociologico di capitalismo in M. Weber e W. Sombart, o di «corpo» (Leib) in Merleau-Ponty per capire come
l’originalità di Scheler sia stata sottovalutata o fraintesa per parecchio
tempo.
Il libro di Guido Cusinato non solo
riesce a mettere in evidenza la molteplice rilevanza della filosofia di Scheler
(per es. quando sottolinea la sua influenza sulla Krisis di Husserl), ma illumina anche nuovi aspetti e apre nuove
prospettive di indagine. Questo obiettivo viene raggiunto da Cusinato con
rigore metodologico e attraverso uno sforzo teso a verificare tutta una serie
di affermazioni che erano state fatte finora in modo forse un po’ troppo
affrettato. Per es. egli dimostra che tutto sommato Scheler non era né un
dualista né un panteista, come invece spesso si è sostenuto (e questo
nonostante Scheler stesso si fosse espressamente definito «panenteista»). L’eccellente
familiarità con le opere di Scheler in lingua originale, anche quelle degli
ultimi volumi delle Gesammelte Werke,
consente a Cusinato di offrire al lettore elementi finalmente efficaci per
rivedere parecchi luoghi comuni. In particolare Cusinato ritiene importante, se
non cruciale, per la comprensione di un pensiero molto complesso come quello di
Scheler, mettere da parte quella categoria interpretativa del «dualismo» fra
spirito e vita, che così spesso è stata invece applicata alla sua metafisica.
Al suo posto Cusinato suggerisce di intendere la concezione scheleriana della
relazione fra spirito e vita, o meglio, fra spirito e pulsione (Geist e Drang), facendo ricorso ad un termine che compare negli ultimi
scritti: quello di interpenetrazione (Durchdringung).
Il concetto di interpenetrazione è del resto già suggerito in Conoscenza e lavoro quando Scheler parla
di «interazione», e non di «dualismo», fra lo spirito e le pulsioni umane che
hanno origine nel Drang.
Cusinato reinterpreta inoltre la
tesi di Scheler, secondo cui lo spirito senza Drang e senza i fattori reali (sociologici) della vita è impotente
a produrre qualsiasi realtà, facendo notare che l’impotenza dello spirito non
può venir però estesa anche alla sfera della persona. A tale affermazione si
potrebbe obiettare: sostenendo che la persona umana e quella di Dio non sono
del tutto impotenti Cusinato tenta, andando contro corrente, di tracciare una
distinzione, se non una separazione, fra persona e spirito, eppure Scheler non
dice che la persona è «forma» di tutto ciò che è spirituale e che non può agire
in sé per produrre qualcosa di reale? Qui l’importante è tener presente che il
concetto aristotelico di forma attualizzante rimane un concetto estraneo a
Scheler.
Il lavoro di Cusinato merita
considerazione anche indipendentemente dalle indagini sul pensiero di Scheler
in senso stretto. Fra le suggestive analisi che Cusinato svolge su Platone, il Nuovo Testamento, Schelling,
Schopenhauer, e su concetti come etica, ego, eros, agape, essere ecc., le più preziose
e originali mi sembrano essere quelle relative all’umiltà (Demut).
Invece nella maggior parte della letteratura su Scheler l’umiltà, uno dei tre
atti morali fondamentali per accedere all’atteggiamento filosofico, non viene
neppure menzionata. L’interpretazione che ne dà Cusinato, ponendola a
fondamento di una «riduzione catartica» pensata in contrasto con la consueta
riduzione husserliana, offre senz’altro spunti promettenti per le indagini
future.
Chi leggerà la presente opera ne
potrà trarre arricchimento non solo in relazione alla ricerca su Scheler ma
anche per quanto concerne la ricerca filosofica in generale.
Albuquerque
Manfred S. Frings
New Mexico, Settembre 1998. (Presidente
Onorario della
Max Scheler-Gesellschaft)